Per risolvere il problema della povertà nel mondo, fare beneficenza non basta. Gli investitori possono dare il loro apporto a questa battaglia — e trovare buone fonti di rendimento potenziale — puntando su società che rispettano i valori etici o offrono soluzioni ai problemi connessi alla povertà.

Dall’inizio del nuovo millennio, quasi un miliardo di persone è uscito dalla miseria, ma la guerra contro la povertà è ben lontana dall’essere vinta, e la dimensione del problema resta enorme. Siamo convinti che, per ottenere risultati migliori in futuro, sia necessario un forte impegno da parte del settore privato e degli investitori, i quali troveranno un’utile guida negli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU (in inglese)

Il livello di estrema povertà è crollato

Come si misura il tasso di povertà? I normali dati statistici fanno riferimento al numero di persone i cui redditi o consumi scendono al di sotto di un certo livello, come l’attuale soglia della povertà, fissata dalla Banca Mondiale a 1,90 dollari al giorno. Nel 1999, 1,7 miliardi di persone — ovvero il 28,6% della popolazione globale — vivevano in condizioni di estrema miseria, secondo un rapporto della Banca Mondiale (in inglese) (Grafico). Nel 2013 questi numeri si sono sensibilmente ridotti: 769 milioni di persone, corrispondente al 10,7% della popolazione globale, un calo dell’1% circa all’anno.

Molti leader internazionali si augurano che tale trend prosegua la sua discesa fino all’eliminazione della povertà entro il 2030. Tuttavia, riteniamo che una certa cautela circa la reale probabilità di mettere completamente fine alla povertà nel mondo sia giustificata per diverse ragioni.

È difficile fare ulteriori progressi

Primo, il calo della povertà a livello mondiale registrato in questo secolo è praticamente riconducibile a un gruppo molto ristretto di paesi. La Cina da sola registra metà della riduzione globale. Cina, India, Indonesia e Vietnam insieme contano metà della popolazione mondiale e segnano un calo del 83% del tasso di povertà globale. Collettivamente, il tasso di povertà di questi paesi è passato dal 41% nel 1999 ad appena il 9% nel 2013. Avendo già quasi eliminato la povertà al loro interno, questi quattro paesi non potranno contribuire in modo significativo a ulteriori riduzioni future su scala globale.

Secondo, i rimanenti paesi che ospitano le popolazioni più povere hanno avuto molto meno successo nella lotta alla miseria. Nell’Africa subsahariana, ad esempio, dal 1999 il tasso di povertà assoluta è sceso di parecchio, tuttavia resta ancora superiore al 40%. Molti di questi paesi soffrono l’assenza di sbocchi sul mare, l’elevata frequenza di calamità naturali e malattie, la cattiva amministrazione, e i conflitti interni. Queste profonde sfide strutturali rendono l’“ultimo miglio” di povertà il più difficile da conquistare.

Le statistiche potrebbero sottostimare l’entità del problema

Terzo, i numero non colgono la vera dimensione della povertà mondiale. La soglia di povertà assoluta di 1,90 dollari è alquanto discutibile: rappresenta quella dei paesi a più basso reddito, come Afghanistan, Haiti e Sudan del Sud. Tuttavia, anche le soglie di povertà dei paesi con reddito medio-basso, come India, Kenia e Pakistan (3,20 dollari al giorno), o di paesi con reddito medio-alto, come Iran, Messico e Thailandia (5,50 dollari al giorno) potrebbero essere facilmente considerate indicatori altrettanto validi. Tenendo conto di queste soglie leggermente superiori, i numeri dell’impoverimento globale balzano da 769 milioni a 2 miliardi di persone (28% della popolazione globale) o addirittura a 3,5 miliardi (48%).

Più in generale, riteniamo che la povertà non sia solo una questione di soglie di reddito. Quand’anche il reddito o i consumi di una persona povera salissero sopra la soglia della povertà, rimangono i problemi legati a malnutrizione, all’assenza di istruzione e di cure sanitarie di qualità, alle cattive condizioni igienico-sanitarie. Le stime di coloro che soffrono di una somma di privazioni, detta povertà multidimensionale, sovrastano quelle di quanti, statisticamente, si collocano al di sotto delle soglie di povertà.

Quale ruolo possono svolgere gli investitori?

Da qualsiasi punto di vista lo si consideri, il problema della povertà nel mondo è enorme e complesso e richiede, quindi, soluzioni altrettanto globali e articolate. Siamo convinti che, a tale proposito, il settore privato e gli investitori azionari possano svolgere un ruolo cruciale.

Partiamo dalla condotta aziendale. Secondo i dati pubblicati dall’ONU (in inglese) , le grandi multinazionali esercitano una forte influenza, poiché detengono l’80% di tutto il commercio mondiale. Le prime mille aziende hanno complessivamente alle proprie dipendenze dirette oltre 70 milioni di lavoratori, e un indotto di altre centinaia di milioni di lavoratori impiegati nelle filiere di fornitura su scala globale, stando a uno studio condotto da George Serafeim della Harvard Business School (in inglese). Veicolare capitale verso società che adottano pratiche rigorosamente rispettose dei principi ambientali, sociali e di governance (i criteri ESG), o che incentivando ad adottarle chi ancora non usa tali prassi, può avere un notevole impatto sociale.

Oltre ad offrire stipendi più elevati, le corporation possono diventare un valido strumento nella lotta contro la povertà mediante l’introduzione di condizioni di lavoro più sicure, opportunità formative e assistenza sanitaria per i dipendenti, ciò anche a beneficio degli investitori: un recente studio della Bank of America Merrill Lynch (in inglese) rivela che i titoli con rating ESG elevati hanno prezzi, rischio di redditività e rischio di fallimento più bassi rispetto alle società con rating ESG inferiori.

Seguire gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU

Vale la pena anche puntare su società che offrono prodotti e servizi che affrontano in maniera diretta i principali problemi legati alla povertà. Basarsi sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU (SDG) può rivelarsi una strategia efficace per identificare buone opportunità di investimento. Si tratta di 17 obiettivi (in inglese) elaborati da 193 nazioni, dedicati alle aree più importanti per l’umanità, inclusi gli aspetti multidimensionali della povertà.

La lotta alla miseria necessita di notevoli investimenti nelle infrastrutture. Di fatto, le infrastrutture dei mercati in via di sviluppo incidono per quasi la metà del fabbisogno globale di investimenti, come indicato dagli obiettivi SDG. Senza moderne infrastrutture nei settori dell’energia, dei trasporti, dei servizi idrici e igienico-sanitari, e delle telecomunicazioni, uscire dalla morsa della povertà mondiale è pressoché impossibile. È necessario un forte incremento della spesa rispetto agli attuali livelli (Grafico), e l’investimento privato è fondamentale.

Ad esempio, un servizio speciale recentemente pubblicato da “The Economist” (in inglese) afferma che gli investimenti nelle infrastrutture sono vitali per i paesi poveri dell’Africa, perché permetterebbero loro di dotarsi di quelle tecnologie che li facciano entrare nel XXI secolo: “Molti dei capitali investiti nella tecnologia africana non arrivano da filantropi, ma da investitori pragmatici in cerca di rendimenti”.

Dal settore sanitario alla tecnologia

A dire la verità, gli SDG vanno ben oltre la costruzione di infrastrutture, individuano ampie opportunità in aree come la tecnologia, l’assistenza sanitaria e l’agricoltura. Coinvolgono tutti i settori economici e tutte le aree geografiche, e costituiscono l’impalcatura di una dinamica strategia azionaria tematica globale.

Per gli investitori, la lotta alla povertà non è solo una questione di buoni sentimenti. Secondo noi, ha a che fare, in primo luogo, con investimenti di capitale direttamente nei luoghi che ne hanno realmente bisogno, una necessità che gli enti pubblici e le ONG da soli non riescono a soddisfare e, in secondo luogo, con un’accurata e specifica ricerca sulle società e con un impegno gestionale alla promozione dei risultati. Affrontare le sfide seguendo una strategia non solo aiuta a combattere la povertà e a generare ottimi rendimenti a lungo termine, ma offre anche benefici sociali ad alcune delle aree più bisognose del pianeta.

Le opinioni espresse in questo documento non costituiscono una ricerca, una consulenza finanziaria o una raccomandazione di investimento e non esprimono necessariamente le opinioni di tutti i team di gestione di portafoglio di AB

Clients Only

The content you have selected is for clients only. If you are a client, please continue to log in. You will then be able to open and read this content.