La pandemia di COVID-19 ha causato enormi dislocazioni nell’economia mondiale in un tempo sorprendentemente breve. L’ondata di politiche di sostegno è servita a stabilizzare l’attività, ma ha finito inevitabilmente per gonfiare un debito già significativo. I vari governi sono ora chiamati a prendere decisioni difficili per affrontare la questione.

Nelle economie sviluppate il debito pubblico era a livelli record già prima della pandemia (Display). L’enorme quantità di spesa fiscale messa in campo finora (e destinata probabilmente a crescere) potrebbe far lievitare il debito pubblico fino al 20% del PIL ed oltre in molti paesi.

Secondo alcuni l’aumento del debito pubblico è semplicemente un naturale sottoprodotto della stagnazione secolare. In quest’ottica, quando il settore privato non spende abbastanza (situazione questa che la pandemia di COVID-9 rischia di esacerbare) il governo è costretto a spendere per evitare una depressione. Secondo altri, più in linea con il nostro punto di vista, il modello economico basato sul debito pubblico che si è visto negli ultimi decenni ha esaurito le risorse e il mondo si ritrova ora bloccato nella trappola del debito.

La resa dei conti: valutazione dei modelli storici di riduzione del debito

Se è vero che non è mai auspicabile arrivare a livelli estremi di debito pubblico (prospettiva ampiamente corroborata dalla storia), è altrettanto vero che i governi sono indubbiamente chiamati a fare qualcosa.

Per comprendere al meglio i diversi percorsi che le economie sviluppate potrebbero seguire, possiamo fare riferimento a quattro modelli del passato: l’esperienza del Regno Unito dopo le guerre napoleoniche; la Repubblica di Weimar in Germania dopo la prima guerra mondiale; il percorso seguito da Stati Uniti, Regno Unito e altre economie occidentali dopo la seconda guerra mondiale; il Giappone dopo il 1990.

Al momento, viene difficile pensare ad un lungo periodo di aggiustamenti fiscali. Possiamo quindi escludere con una certa dose di sicurezza l’eventualità di una stretta fiscale come quella messa in atto dalla Gran Bretagna del XIX secolo per riprendersi da livelli di indebitamento record. La strada seguita invece dalla Germania negli anni successivi alla prima guerra mondiale ha portato ad un periodo di iperinflazione viziosa, un chiaro avvertimento sui rischi che possono emergere quando un paese monetizza il debito, facendo finanziare la spesa pubblica dalla banca centrale. Questo scenario potrebbe ripresentarsi qualora si decidesse di implementare e utilizzare in modo improprio una versione estrema della moderna teoria monetaria, ma dubitiamo che qualche paese possa effettivamente seguire questa strada nel prossimo futuro.

Restringere la scelta: formula Seconda Guerra Mondiale o Giappone post-1990?

Restano così due percorsi di riduzione del debito. Da un lato, la formula adottata nel secondo dopoguerra, fatta di forte crescita economica, inflazione e repressione finanziaria (tassi d’interesse bassissimi).Dal momento che non si intravedono segnali di forte crescita, lo scenario si riduce a un misto di repressione finanziaria e aumento dell’inflazione. La seconda strada è invece quella intrapresa dal Giappone dopo il 1990: crescita debole, demografia sfavorevole, aumento del debito, tassi bassissimi e deflazione.

Cercare di capire quale sarà la strada che il mondo seguirà è probabilmente la più grande sfida che i mercati finanziari si trovano ad affrontare oggi. A nostro avviso, una qualche variante della formula post-bellica con un’inflazione più elevata è più probabile rispetto al modello del Giappone post-1990 e alla deflazione, anche in considerazione del fatto che il Giappone è un player di secondo piano nella storia dell’economia e che populismo e deglobalizzazione in ascesa puntano anch’essi verso la prima strada.

Il pezzo mancante del puzzle

Si cominciano inoltre a intravedere segni concreti del cambiamento di regime necessario per sostenere l’aumento dell’inflazione: tra gli altri, il recente spostamento della Fed verso un target “medio” d’inflazione è un altro passo importante in questa direzione.

Tuttavia, non siamo ancora arrivati al bivio. Il pezzo finale del puzzle è un impegno credibile per aumentare le aspettative di inflazione. Questo potrebbe comportare l’abbandono del regime di lotta all’inflazione che, aiutato dalla demografia e dalla globalizzazione, ha sostenuto l’era a bassa inflazione degli ultimi tre/quattro decenni.

Darren Williams è Director—Global Economic Research in AllianceBernstein (AB).

Guy Bruten è Chief Economist—Asia-Pacific ex China in AB.

Le opinioni espresse nel presente documento non costituiscono ricerca, consulenza di investimento o raccomandazioni di acquisto o di vendita, e non rappresentano necessariamente le opinioni di tutti i team di gestione di AB; tali opinioni sono soggette a revisione nel corso del tempo. AllianceBernstein Limited è autorizzata e regolamentata dalla Financial Conduct Authority nel Regno Unito.

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