Uno degli aspetti fondamentali che regolano l’investimento in commercial mortgage-backed securities (CMBS) è la stima del valore della garanzia sottostante. Ma cosa succede se gli investitori non tengono conto dei rischi che possono mettere a repentaglio l’esistenza stessa di una proprietà immobiliare?

I CMBS sono nati negli Stati Uniti e oggi costituiscono una parte significativa del mercato obbligazionario statunitense, e non solo: la loro popolarità sta crescendo in tutto il mondo. Per valutare meglio i rischi correlati ai CMBS, è opportuno che gli investitori inseriscano la valutazione dei fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) nel loro abituale processo di analisi creditizia. Naturalmente, i rischi maggiori per gli immobili commerciali sono rappresentati da eventi avversi di origine naturale, tra cui eventi meteorologici estremi esacerbati dal cambiamento climatico. Non dovrebbe sorprendere, ma forse gli investitori non si rendono pienamente conto che le polizze assicurative sono poco efficaci nel ridurre questa tipologia di rischi.

Le polizze assicurative non bastano

Che siano provocati da terremoti, uragani, tornado, incendi, inondazioni o bufere di neve, i principali pericoli per i CMBS si presentano sotto forma di danni permanenti al bene immobiliare, che le polizze assicurative potrebbero non coprire, e di interruzioni dell’attività di business, che impattano sui flussi di cassa provenienti dai locatari. Le perdite complessive potrebbero essere sostanziali. Anche quando una proprietà è assicurata, le perdite totali dovute a catastrofi superano quasi sempre le perdite assicurate (cfr. Grafico).

Anche se molti immobili commerciali negli Stati Uniti devono essere provvisti di un’assicurazione ad hoc nelle zone alluvionali designate dall’agenzia federale per la gestione delle emergenze (Federal Emergency Management Agency o FEMA), la polizza assicurativa non basta. E non basta perché in genere il valore dell’assicurazione obbligatoria contro le inondazioni per gli immobili commerciali è meramente nominale rispetto al valore del bene assicurato. L’assicurazione supplementare è costosa, pertanto in molti casi i mutuatari provvedono in autonomia. Negli ultimi tempi, inoltre, le tempeste sono diventate più intense e frequenti rispetto al passato e persino le aree non considerate alluvionali hanno subito gravi danni a causa di inondazioni.

Le alluvioni dovute all’innalzamento del livello del mare rappresentano un problema nelle zone costiere, a maggior ragione in quelle che sono soggette a uragani e che potrebbero dunque trovarsi esposte a violente mareggiate. Ad esempio, quando l’uragano Harvey ha colpito il Texas nel 2017, la conta dei danni ha raggiunto i 125 miliardi di dollari. E dato che la maggior parte di tali danni è stata causata da inondazioni in aree non classificate come alluvionali dalla FEMA, solo 30 miliardi sul totale delle perdite subite erano assicurati. Le tempeste recenti hanno dimostrato che il cambiamento delle dinamiche meteorologiche può avere un impatto grave anche sull’entroterra; nel contempo, la maggior parte delle regioni esposte deve fronteggiare anche altri pericoli, come avviene ad esempio nella costa occidentale degli Stati Uniti, soggetta a incendi, siccità e terremoti.

Il problema è di vasta portata e si sta aggravando, poiché il cambiamento climatico provoca disastri naturali più frequenti e più catastrofici. Secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration, nel 2020 si sono verificati 22 diversi disastri meteorologici e climatici con danni miliardari, battendo il precedente record di 16 eventi.

Se i rischi per le proprietà immobiliari peggiorano, e l’assicurazione che dovrebbe coprirli non è efficace, qual è la soluzione?

Valutare in modo realistico i rischi climatici

Evitare tutti i prestiti con esposizione al rischio climatico non è un’opzione realistica, come non lo è escludere tutti gli immobili ubicati in stati particolarmente soggetti a eventi disastrosi. La California è il primo stato degli USA per numero di immobili interessati da un alto rischio climatico (ben 3.743 unità), seguita da Florida e Texas; ma proprio queste zone densamente popolate rappresentano oltre il 25% di tutte le operazioni che confluiscono in CMBS (cfr. Grafico).

A nostro avviso, la soluzione è quantificare il rischio per le singole proprietà immobiliari sulla base di modelli che prendano in considerazione tipologie specifiche di potenziali disastri regione per regione. Mediante questo tipo di analisi approfondita, gli investitori possono comprendere meglio l’esposizione al rischio dei CMBS e dunque richiedere un prezzo più favorevole in ragione di un rischio più elevato oppure evitare del tutto l’investimento.

A livello di singolo prestito, la valutazione può essere in genere effettuata utilizzando i dati pubblicamente disponibili. Molti investitori ricercano attivamente opportunità in immobili che abbiano la certificazione LEED (Leadership in Energy and Environmental Design), poiché il mercato classifica i relativi titoli come “green”. La certificazione LEED offre un quadro di riferimento per identificare edifici salubri, altamente efficienti e parsimoniosi, attribuendo loro un rating che si basa sul livello di sostenibilità.

Tuttavia, per quanto le opportunità d’investimento green possano apparire interessanti, limitarsi ad esse non è sufficiente. La certificazione LEED di un immobile è solo il punto di partenza per un’analisi degli investimenti correlata al clima e non è detto che serva nel caso di alcuni rischi climatici. Dopo tutto, anche gli edifici con certificazione LEED sono esposti all’ambiente che li circonda.

Prendiamo ad esempio un immobile certificato LEED in Florida: un hub di trasporti che promuove il servizio ferroviario come strumento per ridurre l’uso delle automobili e le emissioni di carbonio. All’atto di emissione del titolo, il bene immobiliare sottostante era provvisto di assicurazione contro tempeste e mareggiate, con copertura dei danni da uragano. L’edificio non risultava inserito in una delle zone alluvionali designate dalla FEMA, e dunque l’investimento si presentava sulla carta come una solida opportunità green.

Un supplemento di analisi ha però rivelato che il proprietario dell’immobile aveva il diritto di interrompere la copertura assicurativa per qualsiasi ragione, e il contratto di prestito non era soggetto ad obbligo di assicurazione contro le inondazioni poiché l’edificio non si trova in una zona alluvionale FEMA. Ma un’alluvione danneggia i locatari e le loro attività commerciali, mettendo a repentaglio sia il flusso di cassa che le future prospettive di locazione. Alcuni investitori potrebbero ritenere che valga la pena assumersi rischi di questa portata, soprattutto nel caso di un immobile con certificazione LEED. Ma nella fattispecie la valutazione non era sufficientemente remunerativa a fronte dei rischi prospettati.

Valutare i rischi climatici nel complesso

L’integrazione dell’analisi ESG in quella creditizia è un processo facilmente gestibile a livello di singolo prestito, ma gran parte dei CMBS è in realtà costituita da un pacchetto ben più complesso di 40-70 prestiti ciascuno.

La maggioranza degli investitori, come peraltro molti gestori, non ha gli strumenti per fare una valutazione su vasta scala dei rischi sottostanti i CMBS. Chi vuol essere all’avanguardia in questo senso deve reperire informazioni sui rischi specifici riguardanti i singoli immobili, rivolgendosi ad appositi fornitori di dati, e creare un modello che includa le analisi dei cespiti inseriti in operazioni complesse con decine di prestiti immobiliari.

Una migliore comprensione dei rischi potrebbe non essere pienamente ricompensata nell’immediato, perché il mercato dei CMBS ancora non sconta queste variabili, né complessivamente né individualmente. Di fatto, la differenza di prezzo considerando anche il rischio climatico è minima, se non addirittura nulla (cfr. Grafico). Tuttavia, finché la situazione non cambia, gli investitori che analizzano accuratamente il rischio ambientale possono godere di un vantaggio scegliendo obbligazioni con un rischio climatico inferiore senza sacrificare il differenziale di rendimento.

Il futuro dell’analisi sui CMBS

Man mano che cresce la consapevolezza di quanto siano importanti i fattori ESG per l’investimento in CMBS, gli investitori che affrontano già oggi l’arduo compito di valutare i rischi ambientali si troveranno un passo avanti agli altri quando tali rischi inizieranno ad essere scontati nei prezzi dei CMBS. È questo il momento giusto per porsi domande difficili, individuare metodi di misurazione efficaci e iniziare a tenere traccia degli effetti di specifiche vulnerabilità al clima.

Gli investitori in CMBS in grado di comprendere pienamente le implicazioni ESG che interessano i loro investimenti non soltanto saranno meglio posizionati per evitare determinati pericoli e avere migliori opportunità di salvaguardarsi da perdite riconducibili al clima, ma potranno anche godere di un’equa remunerazione per i rischi assunti.

Monika Carlson, CFA è Senior Investment Strategist—Fixed Income presso AB, mentre John Huang, CFA è Research Analyst—Commercial Real Estate Credit Research in AB

Le opinioni espresse nel presente documento non costituiscono ricerca, consulenza di investimento o raccomandazioni di acquisto o di vendita, e non rappresentano necessariamente le opinioni di tutti i team di gestione di AB; tali opinioni sono soggette a revisione nel corso del tempo.

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