I crescenti timori per il coronavirus hanno penalizzato le azioni cinesi. Mentre i mercati rimarranno instabili finché la Cina non riuscirà a limitare la diffusione del virus, gli investitori azionari dovrebbero prendere in esame gli insegnamenti tratti dalle epidemie del passato e considerare i potenziali effetti a lungo termine della crisi attuale.

Con l’aumento del numero di decessi e la diffusione dell’infezione in tutto il mondo, la reazione degli investitori al coronavirus si è intensificata. Il 3 febbraio l’MSCI China A Onshore Index ha perso il 9,2% in dollari, per poi recuperare nelle due settimane successive quasi tutte le perdite (al 15 Febbraio) (cfr. Grafico). La volatilità seguita al rally del 2019, in cui le azioni cinesi hanno guadagnato più del 37%. Gli investitori temono che l’isolamento di milioni di persone possa infliggere un duro colpo all’economia cinese, con potenziali ricadute sulla crescita globale. Tuttavia sono anche rassicurati dalla capacità del Governo cinese di stimolare l’economia per bilanciare il danno potenziale.

I rimbalzi del mercato sono spesso rapidi

Questi timori sono comprensibili. Tuttavia, in analoghi episodi del passato, le correzioni di mercato sono state relativamente brevi e di lieve entità. Ad esempio, durante l’epidemia di sindrome respiratoria acuta grave (SARS) del 2003, l’indice Hang Seng ha perso il 7,7% circa tra il 5 marzo e il 25 aprile, quando è aumentato il numero di nuove infezioni, risalendo però velocemente non appena la situazione è migliorata (cfr. Grafico). Andamenti di mercato simili si sono registrati del corso di epidemie e pandemie precedenti. In ognuno di questi casi, appena gli investitori hanno avuto la conferma che la malattia era ormai sotto controllo, il panico iniziale si è tramutato in una corsa all’affare.

Al momento non ci sono certezze sul coronavirus. Di conseguenza, la volatilità che abbiamo osservato persisterà probabilmente fino a quando non si avranno notizie concrete positive. Gli investitori dovrebbero tuttavia ricordare che il passaggio da una situazione di panico ad una dinamica positiva può essere rapido, soprattutto nei mercati cinesi, dominati dagli investitori retail.

Effetti eterogenei sulla produzione e sui consumi

Anche in assenza di chiarezza sul virus, è possibile valutare i potenziali effetti macroeconomici. I tentativi di arginare la diffusione del virus, confinando le persone nelle case e imponendo la quarantena a intere città, avranno ovviamente un impatto sull’economia reale attraverso la produzione e i consumi.

Negli ultimi due decenni la Cina è diventata il principale polo manifatturiero mondiale, fornendo beni e materie prime a molti settori. La chiusura delle fabbriche comporterà verosimilmente interruzioni più o meno gravi delle forniture. Ad esempio, Wuhan, l’epicentro del coronavirus, è un centro di produzione di apparecchiature per le telecomunicazioni, dai cavi in fibra ottica ai circuiti stampati. La produzione di queste componenti potrebbe essere penalizzata dall’epidemia, con implicazioni più ampie per le catene di produzione tecnologica sia in Cina che, potenzialmente, a livello globale se le interruzioni persistono (cfr. Grafico).

Wuhan è anche la sede di alcune grandi imprese industriali, tra cui una delle maggiori case automobilistiche cinesi. Tutte queste aziende saranno indubbiamente costrette a limitare la produzione finché l’epidemia non sarà sotto controllo e le fabbriche potranno riprendere la normale attività.

Il calo dei consumi penalizzerà le vendite al dettaglio, soprattutto i negozi più tradizionali. Le imprese di e-commerce potrebbero invece superare indenni la tempesta, dato che la domanda dei consumatori si sposta verso gli acquisti in rete. Alcuni supermercati online e servizi di food delivery in Cina hanno già annunciato un aumento del numero di utenti, poiché gli acquirenti si tengono lontani dai negozi. Gli investitori dovranno monitorare il diverso impatto esercitato dalla crisi di coronavirus su settori e realtà produttive differenti.

Il virus produrrà cambiamenti di lungo periodo?

A fronte di un flusso apparentemente interminabile di notizie drammatiche, è difficile pensare a qualcosa che non sia l’emergenza in corso. Riteniamo che gli eventi attuali potrebbero innescare cambiamenti strutturali di lungo termine, che influiranno sulle imprese e sui settori produttivi. In effetti, l’epidemia SARS del 2003 contribuì probabilmente ad accelerare l’adozione dell’e-commerce in Cina e in Asia in generale.

Cosa potrebbe accadere dopo il coronavirus? Al momento, siamo nel pieno del più grande esperimento di telelavoro mai effettuato in Cina e in gran parte dell’Asia. Decine di milioni di studenti cinesi sono costretti a seguire le lezioni online poiché le scuole rimarranno chiuse per un periodo prolungato. Queste esperienze potrebbero produrre cambiamenti fondamentali nelle modalità di lavoro e di insegnamento nel sistema educativo. In tal caso, potremmo assistere a un decennio di crescita nell’adozione di prodotti per il lavoro e l’apprendimento a distanza? Come cambierebbero l’infrastruttura per le reti di comunicazione e i centri dati per soddisfare una domanda più elevata? È difficile al momento concentrarsi su domande come queste, ma quando il pericolo immediato sarà cessato, tali interrogativi diventeranno più pertinenti per gli investitori.

Finché la situazione del coronavirus non sarà risolta, gli investitori sul mercato cinese dovrebbero a nostro avviso ridurre l’esposizione alle società direttamente interessante dall’epidemia, anche nel settore del tempo libero e dei viaggi. Al contempo, sulla base dell’esperienza, un portafoglio cinese dovrebbe essere posizionato in un’ottica di lungo periodo ed essere preparato alla possibilità di una forte ripresa quando la crisi sarà risolta.

John Lin è Portfolio Manager of China Equities presso AllianceBernstein (AB).

Stuart Rae è Chief Investment Officer of Asia-Pacific Value Equities presso AllianceBernstein (AB).

Le opinioni espresse nel presente documento non costituiscono ricerca, consulenza di investimento o raccomandazioni di acquisto o di vendita, e non rappresentano necessariamente le opinioni di tutti i team di gestione di AB; tali opinioni sono soggette a revisione nel corso del tempo. AllianceBernstein Limited è autorizzata e regolamentata dalla Financial Conduct Authority nel Regno Unito.

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