Le pressioni inflazionistiche mettono a rischio la redditività delle imprese. Mentre la stagione dei risultati del terzo trimestre volge al termine, facciamo il punto su come identificare le aziende che meglio di altre riusciranno a generare utili e margini di qualità nonostante l’aumento dei prezzi.

Che sia transitoria o duratura, l’inflazione inciderà sulle imprese in diversi modi. Per gli investitori azionari che privilegiano le aziende di alta qualità, l’inflazione deve diventare una variabile chiave nella ricerca di candidati all’inclusione nel portafoglio.

In tutti i settori e le aree geografiche, l’inflazione ha avuto una posizione di primo piano nelle recenti relazioni sui risultati aziendali. Anche se molte società hanno superato le attese, il timore che le indicazioni sugli utili futuri fossero offuscate dai rischi d’inflazione ha provocato in molti casi una modesta reazione delle quotazioni azionarie. Di seguito ci soffermiamo su alcuni temi legati all’inflazione che possono aiutare gli investitori growth e value a inquadrare le sfide che si prospettano.

Inflazione dei salari: in che modo le aziende affrontano l’aumento dei costi del lavoro?

Le condizioni tese sui mercati del lavoro stanno spingendo al rialzo i salari in molti settori. Per ridurre i costi del lavoro si può ricorrere alla tecnologia e all’automazione, ma questo processo di solito richiede molto tempo. Suggeriamo invece di cercare le aziende che hanno un piano creativo per gestire i costi del lavoro. Ad esempio, un produttore di semiconduttori ha dichiarato di aver accelerato le assunzioni di personale junior per rimpiazzare i dipendenti più anziani e costosi. Le imprese che decidono di battere questa strada devono assicurarsi che la sostituzione di lavoratori esperti con dipendenti più giovani non comprometta la produttività e la qualità dei beni o dei servizi.

L’aumento dei salari costringe inoltre le imprese a impegnarsi di più per trattenere il personale. Le aziende più efficaci nella fidelizzazione e nello sviluppo dei dipendenti potrebbero avere un vantaggio su questo fronte. Per valutare le pratiche aziendali “soft” come queste, gli investitori dovrebbero attuare un engagement regolare con i team manageriali.

Ovviamente il costo del lavoro è solo una componente della struttura dei costi di un’impresa. Nei settori con una minore intensità di lavoro, le aziende dovrebbero valutare anche se sono disponibili materie prime alternative e input meno costosi per ridurre i costi di produzione. Ricerchiamo anche indicazioni in merito alla possibilità di snellire i processi produttivi. L’outsourcing può aiutare a ridurre i costi nei settori che ancora non l’hanno fatto.

Pricing power: si può far pagare l’aumento dei costi ai clienti?

Alcune imprese sono in grado di affrontare meglio di altre l’aumento dei salari e dei costi sostenuti in virtù del loro pricing power. Questo potere di prezzo può derivare da fattori quali vantaggi competitivi, innovazione e dinamiche settoriali.

Le imprese che offrono servizi essenziali con un chiaro valore aggiunto possono alzare i prezzi senza rischiare una rivolta dei clienti. Ad esempio, Robert Half, un leader globale nel campo della ricerca di personale, può addebitare tariffe più alte ai clienti che ricercano con difficoltà nuovi impiegati specializzati in un mercato del lavoro ristretto. Grazie alla sua ampia copertura geografica, la società è in grado di attingere a un vasto bacino di potenziali dipendenti, il che costituisce un vantaggio per i suoi clienti.

Anche le imprese tecnologiche che vendono software e servizi essenziali sono ben posizionate per aumentare i prezzi. Analogamente, le società di autotrasporti e le compagnie di spedizioni marittime stanno attuando rincari che i loro clienti sono costretti ad accettare a causa delle attuali strozzature delle filiere produttive.

Flessibilità della supply chain: è possibile aggirare i colli di bottiglia?

Molte imprese globali sono impegnate da anni a perfezionare i loro processi di produzione. Parecchie di loro hanno adottato sistemi sofisticati di gestione delle scorte e processi di produzione snella basati su tempistiche molto precise. Adesso vediamo però che anche il minimo ritardo nel reperimento di un componente cruciale può mandare all’aria l’intero processo. Per esempio, le case automobilistiche faticano a produrre veicoli perché non riescono ad approvvigionarsi di semiconduttori.

Negli ultimi anni le tensioni commerciali USA-Cina hanno indotto alcune multinazionali a ripensare le loro supply chain e i loro processi di produzione. Quelle che hanno trasferito le operazioni in Vietnam sono rimaste bloccate per mesi, poiché le rigorose restrizioni anti-COVID hanno comportato la chiusura di molte fabbriche, con ricadute sulla produzione di abbigliamento, mobilio e componenti per l’elettronica.

Di conseguenza, potrebbe essere necessario rivedere nuovamente le strategie relative alle filiere produttive. Adidas, ad esempio, sta spostando la produzione in altre regioni in modo da assicurarsi una capacità supplementare per le sue linee di calzature e abbigliamento sportivo. I produttori che reperiscono materie prime e componenti a livello locale saranno meno vulnerabili a interruzioni e stravolgimenti di varia natura. La maison francese del lusso LVMH, ad esempio, ha dichiarato di rivolgersi a fornitori locali e di non aver incontrato gravi problemi di approvvigionamento.

Le società con sistemi di produzione più flessibili e decentralizzati sono maggiormente in grado di adattare le proprie filiere produttive. Per contro, le imprese che si riforniscono di materie prime specializzate in un luogo specifico dovranno fare i conti con l’inflazione.

Beneficiari dell’inflazione: il business sottostante è solido?

In settori come l’energia e le materie prime, molte società beneficiano immediatamente dell’aumento dei prezzi. Tuttavia, gli investitori a lungo termine dovrebbero resistere alla tentazione di aumentare l’esposizione a questi settori senza valutare la qualità del business sottostante.

Nel caso delle imprese energetiche, i guadagni a breve termine potrebbero celare un calo atteso della domanda a lungo termine. Gli investitori dovrebbero studiare la posizione di un’azienda energetica alla luce delle mutevoli dinamiche di mercato, il suo ruolo nel consentire la transizione dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili e la sostenibilità degli utili. Inoltre, dato che è quasi impossibile prevedere l’andamento e la durata dell’inflazione, le azioni dei produttori di materie prime che sono attualmente sulla cresta dell’onda potrebbero riservare una delusione in caso di futura attenuazione dell’inflazione.

Per trovare i beneficiari dell’inflazione serve un approccio creativo. Spesso non si tratta dei soliti sospetti. Ad esempio, Herc Holdings, una società statunitense di noleggio attrezzature, ha tutto da guadagnare dal rincaro dell’acciaio e delle materie prime, poiché il valore di sostituzione della sua flotta di attrezzature è aumentato notevolmente. Il valore di sostituzione definisce le tariffe di noleggio e, insieme al rafforzamento della domanda di attrezzature, ha permesso a Herc di alzare i prezzi ed espandere i margini. Anche Ashtead, un’impresa britannica dello stesso settore, ha beneficiato di solidi aumenti dei prezzi per la sua gamma di attrezzature per l’edilizia.

Mettere la testa sotto la sabbia non è un’opzione

La qualità del management è forse l’elemento più importante per elaborare e attuare un piano strategico per contrastare l’inflazione. Una cultura aziendale flessibile si adatta più facilmente ai cambiamenti necessari.

Le imprese non possono fare finta che l’inflazione non esista. Ci aspettiamo che i team manageriali riconoscano le vulnerabilità legate ai costi dei fattori e che presentino chiari piani per affrontarle. La buona notizia è che le efficienze sviluppate in risposta all’inflazione possono creare le condizioni ideali per un investimento a lungo termine, contribuendo alla qualità degli utili anche molto tempo dopo che le pressioni inflazionistiche diminuiscono.

Dev Chakrabarti è Co-Chief Investment Officer—Concentrated Global Growth presso AB

James MacGregor è Chief Investment Officer—US Small and Mid Cap Value Equities; Head—US Value Equities presso AB

Le opinioni espresse nel presente documento non costituiscono ricerca, consulenza di investimento o raccomandazioni di acquisto o di vendita, e non rappresentano necessariamente le opinioni di tutti i team di gestione di AB; tali opinioni sono soggette a revisione nel corso del tempo.

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