Negoziati sulla Brexit

un minuto alla mezzanotte

24 settembre 2020
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Le trattative sulla Brexit diventano ogni giorno più conflittuali, senza alcun segnale di un accordo sulle questioni chiave. Gli scenari più probabili sono ora quelli più difficili e dirompenti, il che lascia presagire un’ulteriore potenziale debolezza della valuta britannica.

Era risaputo che i negoziati commerciali tra il Regno Unito e l’Unione europea (UE) sarebbero probabilmente diventati più tesi con la fine del periodo di transizione e l’approssimarsi del divorzio finale, ma il primo ministro britannico Boris Johnson ha gettato altra benzina sul fuoco. Il suo governo ha proposto una nuova legge che revocherebbe unilateralmente parte dell’accordo di recesso, che è stato negoziato con l’UE solo nell’ottobre scorso. Il cambiamento riguarda il protocollo dell’Irlanda del Nord, che contiene le disposizioni inerenti il problema più spinoso della Brexit: come gestire il confine terrestre del Regno Unito con l’UE sull’isola d’Irlanda.

Nello scalpore che ne deriva, il quesito fondamentale è il seguente: quali sono le implicazioni di tutto questo per i negoziati commerciali?

La mossa di Johnson potrebbe essere controproducente

La logica della mossa di Johnson non è del tutto chiara, ma è stata ampiamente criticata in patria e all’estero. La maggior parte di questa riprovazione è prevedibile e mossa da interessi personali, ma alcune critiche provengono dai sostenitori della causa di Johnson. In effetti la reazione interna è stata così forte che il governo è stato costretto a scendere a compromessi e a permettere al Parlamento di avere maggiore voce in capitolo nell’attivazione delle clausole pertinenti.

Fonti governative sostengono che la proposta di legge sia solo una tattica per richiamare l’attenzione dei leader dell’UE e sottolineare la volontà della Gran Bretagna di uscire dalla fase di transizione senza alcun accordo, qualora ciò si rivelasse necessario. Dubitiamo tuttavia che un’azione lesiva della fiducia renda più probabile un accordo commerciale.

Raggiungere un simile accordo sarà comunque abbastanza difficile, visto che i negoziatori britannici ed europei non hanno dato prova di riuscire a superare alcune differenze fondamentali su aiuti di Stato e diritti di pesca. E il tempo stringe. Molti osservatori continuano a presumere che un qualche tipo di accordo sarà raggiunto, soprattutto poiché ritengono che sia nell’interesse economico di ambo le parti, ma questo tipo di ragionamento è stato finora una pessima guida agli esiti della Brexit e minimizza l’importanza delle differenze ideologiche da entrambe le parti. Inoltre, come dimostrano le proteste suscitate dal protocollo dell’Irlanda del Nord, la firma di accordi internazionali motivata da guadagni a breve termine può creare problemi duraturi.

Finale ancora in dubbio, ma probabilmente dirompente

La saga della Brexit ha avuto molti colpi di scena fin dal voto iniziale sul recesso dall’UE del 2016. Dovremmo tenere a mente questo aspetto, insieme alla gestione erratica del COVID-19 da parte delle autorità britanniche, nel tentativo di prevedere il corso degli eventi nelle prossime settimane.

Tuttavia, possiamo ragionevolmente contare su alcune certezze: il Regno Unito concluderà la fase di transizione della Brexit alla fine di quest’anno; il recesso avrà effetti altamente dirompenti; lo scenario migliore per i futuri rapporti tra le parti è al momento un accordo commerciale rudimentale; in alternativa, i rapporti tra i due blocchi saranno inevitabilmente disciplinati dalle condizioni dell’Organizzazione mondiale per il commercio (WTO). Quando il Regno Unito aveva inizialmente votato per uscire dall’UE, un accordo commerciale rudimentale rappresentava lo scenario peggiore, e solo i fautori più radicali della Brexit consideravano il recesso alle condizioni della WTO una strategia praticabile.

Nel nostro ultimo aggiornamento sul tema, ritenevamo che un accordo commerciale rudimentale e un’uscita alle condizioni della WTO / “no deal” fossero altrettanto probabili. Siamo ancora convinti i due scenari abbiano chance molto simili, ma i recenti sviluppi potrebbero ora rendere la versione WTO di una “hard Brexit” il percorso futuro più probabile. Entrambi gli scenari saranno verosimilmente dirompenti, in particolare se, come sembra plausibile, il governo britannico non ha fatto i preparativi adeguati per un cambiamento così importante. Un’uscita alle condizioni della WTO sarebbe però più destabilizzante e renderebbe ancora più tese le relazioni tra il Regno Unito e l’UE, pregiudicando gli sforzi volti ad agevolare la transizione verso un nuovo regime commerciale. Ecco perché la sterlina sembra destinata a deprezzarsi ancora: uno scenario WTO/”no deal” spingerebbe probabilmente la valuta britannica verso la parità con l’euro.

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