Secondo la nostra simulazione, i DSIR vanno da un massimo dell’1,7% in Germania a -1,1% nel Regno Unito, -1,3% negli Stati Uniti e -1,5% in Francia. Questo non significa che gli Stati Uniti spingeranno il proprio tasso di riferimento in territorio negativo; continuiamo a pensare che ciò sia improbabile. Significa però che il debito pubblico si porterà su un territorio accidentato, a meno che il costo di finanziamento medio non venga mantenuto estremamente basso, specialmente nei paesi con DSIR negativi. Ed è qui che entrano in gioco le banche centrali.
Nelle ultime settimane molti istituti di emissione hanno lanciato, riaperto o ampliato programmi di acquisti di titoli di Stato su larga scala. Si tratta di una risposta politica simile a quella messa in campo durante la crisi finanziaria globale, ma con alcune differenze fondamentali. La risposta alla crisi del coronavirus è stata più rapida e più ampia: in marzo e aprile la Federal Reserve ha acquistato debito del Tesoro per 1.500 miliardi di dollari, cosa che durante la crisi finanziaria globale aveva richiesto quattro anni. Gli acquisti sono peraltro destinati a proseguire. Anche l’obiettivo di questi interventi è diverso: le autorità monetarie oggi parlano molto più apertamente del legame tra i loro acquisti e i costi di finanziamento dei governi.
Politica fiscale e monetaria indissolubilmente legate
Pochissime banche centrali sarebbero disposte ad ammettere che sono impegnate in una monetizzazione dei disavanzi pubblici, ma questo è proprio ciò che stanno facendo e, soprattutto, è precisamente ciò che dovrebbero fare nelle attuali circostanze. Proprio come in tempo di guerra, le autorità monetarie attualmente non hanno altra scelta se non quella di favorire quel nesso che offusca la distinzione tra politica monetaria e fiscale, rendendo di fatto le due indissolubilmente legate.
Col tempo i governi e gli elettori dovranno decidere come gestire al meglio i livelli molto elevati di debito pubblico. Default, austerità e aumento dell’inflazione sono tre possibili opzioni. In alternativa, potrebbero decidere di minimizzare l’importanza del debito pubblico, come raccomandano alcuni sostenitori della teoria monetaria moderna. Questi, però, sono interrogativi da affrontare in futuro. Fino ad allora, è importante che i tassi d’interesse e i rendimenti obbligazionari rimangano contenuti.
Negli ultimi mesi, le banche centrali hanno chiaramente dimostrato di avere sia la capacità che la volontà di tenere sotto controllo i rendimenti obbligazionari. Di conseguenza, in una fase in cui le prospettive globali sono soggette a numerose incertezze, siamo fermamente convinti che i tassi d’interesse e i rendimenti obbligazionari saranno mantenuti vicino a zero e, in alcuni casi, in territorio negativo, e questo probabilmente finché la crisi del coronavirus non sarà passata.