Una panoramica a 360° sui blocchi delle supply chain

01 dicembre 2021
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Dopo anni di attesa spasmodica, l’inflazione è arrivata. Sfortunatamente, quella che a detta di molti sarebbe stata una breve visita indotta dal COVID-19 si è trasformata in una lunga permanenza a causa della domanda sostenuta e dei blocchi lungo le filiere produttive. È lecito domandarsi dunque in che misura i problemi della supply chain minaccino le nostre prospettive economiche.

I dati pubblicati dal governo misurano il battito cardiaco dell’economia statunitense, ma possono essere sfasati di settimane o mesi rispetto alle condizioni economiche effettive. Di conseguenza, non sono proprio lo strumento ideale per prevedere eventuali stravolgimenti in tempo reale. Per tracciare in maniera veloce e accurata il percorso imprevedibile dell’inflazione, abbiamo sviluppato un “dashboard” che ci offre una visione a 360° grazie all’utilizzo di indicatori tradizionali, dati ad alta frequenza, big data e opinioni del nostro team di ricerca globale.

I problemi delle filiere sono alla base dell’impennata dei prezzi dei beni

Per dieci anni le componenti dell’inflazione relative a beni e servizi hanno seguito traiettorie separate (cfr. Grafico). Mentre la componente dei servizi è rimasta stabile intorno al 2,5%, quella dei beni ha evidenziato una tendenza al ribasso. Poi, verso la metà del 2020, l’inflazione dei beni è schizzata su livelli a doppia cifra a causa di una combinazione di domanda inespressa e di interruzioni delle filiere produttive. Un’impennata di questa entità è un fatto del tutto inedito nella storia economica moderna, e sta provocando un aumento significativo dell’inflazione complessiva e di fondo.



Qual è il segreto per raffreddare l’inflazione? Risolvere i problemi della supply chain. Alcuni danno la colpa dell’inflazione alle carenze di manodopera, poiché dopo i lockdown i lavoratori mostrano scarso interesse verso i loro impieghi precedenti. Tuttavia, i rapporti mensili sull’occupazione segnalano in media la creazione di 500.000 posti di lavoro, talvolta con revisioni al rialzo delle stime dei mesi precedenti. Al ritmo attuale, l’economia dovrebbe tornare ai livelli di occupazione pre-COVID-19 entro la metà del 2022.

Pertanto, le difficoltà lungo le filiere non possono essere imputabili esclusivamente alle carenze di manodopera. L’indicatore migliore per misurare i problemi della supply chain usando dati mensili è l’arretrato di ordini stimato dall’Institute for Supply Management. Questo indicatore ha raggiunto un picco a giugno, ma rimane ben al di sopra della norma a causa delle diffuse segnalazioni di difficoltà nell’approvvigionamento di parti e materiali, dell’aumento dei prezzi delle materie prime e dei problemi di trasporto, in aggiunta alla difficoltà di richiamare e trattenere i dipendenti.

Districare gli sviluppi della supply chain

Presto o tardi, i dati economici mensili tradizionali ci diranno che i problemi delle filiere sono in via di risoluzione. Prima di allora, tuttavia, fonti di dati alternative possono darci una misura in tempo reale per aiutarci a districare gli sviluppi lungo la supply chain.

Abbiamo creato un indicatore aggregato (Aggregate Supply Chain Indicator) che utilizza dati giornalieri per misurare lo stato di salute della supply chain. L’indicatore mette insieme i prezzi globali dei container per le spedizioni, il costo del trasporto di materiali secchi e le ricerche aggregate su Google di termini riconducibili alla disruption della supply chain (cfr. Grafico).



Questo indicatore può segnalare cambiamenti inerenti alle filiere produttive più velocemente dei dati tradizionali. Dopo aver registrato un’impennata durante la pandemia, l’indicatore sembra essersi stabilizzato, seppure su livelli elevati. Il contributo più rilevante all’impennata è giunto dai prezzi dei container per le spedizioni, che stanno diminuendo ma sono ancora piuttosto alti.

Per valutare le pressioni sulla supply chain ricorriamo anche all’elaborazione del linguaggio naturale (NLP), una soluzione basata sui big-data che permette ai computer di comprendere i testi scritti. Abbiamo rintracciato tutte le menzioni riguardanti filiere, logistica, trasporto e spedizioni contenute in 4.000 trascrizioni di call trimestrali sugli utili statunitensi dal 2010. Abbiamo conteggiato le ricorrenze di ognuno di questi termini e valutato le parole circostanti per stabilire se il contesto fosse positivo, neutro o negativo. Abbiamo scoperto che nel 2020 e 2021 i dirigenti delle imprese hanno accennato a problemi della supply chain più spesso che in qualsiasi altro momento degli ultimi dieci anni, con toni decisamente più negativi. Da inizio anno i settori più colpiti sono stati l’automotive, il commercio al dettaglio, la tecnologia, i servizi di trasporto e i materiali. Tuttavia, le cause dei vincoli delle filiere differiscono da un settore all’altro;

tra queste troviamo problemi logistici, inadeguatezza dei fornitori e aumento dei costi del lavoro. I vincoli maggiori sono giunti dall’inadeguatezza dei fornitori, nello specifico dalle carenze di componenti, che hanno impedito in molti casi alle imprese di far fronte alla ripresa della domanda con un’espansione dell’offerta. L’incapacità di trovare nuovo personale, insieme all’aumento del costo del lavoro, ha comportato non poche difficoltà per i settori legati a trasporto, ospitalità, ristorazione e tempo libero. Infine, la logistica – l’incapacità di spostare le merci da un punto all’altro o un incremento sostanziale dei costi di trasporto – ha penalizzato i settori delle vendite al dettaglio, in particolare di generi alimentari.

Monitorare gli effetti degli stravolgimenti delle filiere

I vincoli delle filiere continuano a offuscare le previsioni sui margini delle imprese, le cui stime sono diventate molto meno ottimistiche nel corso dell’anno. Tuttavia, le prospettive sui margini post-COVID-19 sono comunque positive per la maggior parte dei settori, e le aspettative per il 2022 rimangono superiori a quelle del 2019 e 2020.

Che possiamo dire dunque delle supply chain? La brutta notizia è che le difficoltà associate alle riaperture dopo il COVID-19 hanno avuto chiare ripercussioni sui margini aziendali e sull’inflazione. La bella notizia è che le famiglie dispongono di denaro a sufficienza per continuare a consumare nonostante i prezzi in aumento, almeno per ora. Ciò significa che i problemi delle filiere produttive non hanno inciso sensibilmente sulle nostre prospettive di crescita globale.

Tuttavia, stiamo attenti a individuare eventuali segnali di rifiuto da parte dei consumatori. Se questi apparissero prima che i problemi delle filiere vengono risolti, le prospettive di crescita potrebbero peggiorare. Ecco perché riteniamo estremamente importante monitorare la supply chain: quanto prima si sblocca, tanto minore sarà il rischio per l’economia.

Le opinioni espresse nel presente documento non costituiscono una ricerca, una consulenza di investimento o una raccomandazione di acquisto o di vendita e non esprimono necessariamente le opinioni di tutti i team di gestione di portafoglio di AB. Le opinioni sono soggette a modifiche nel tempo.