China’s Green Reforms to Clean Up Dirty Industries Creates Opportunity

01 settembre 2021
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Il programma di Pechino per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060 indirizzerà il ciclo degli investimenti verso le infrastrutture necessarie alla generazione di energia pulita. Innanzitutto, però, le riforme sul lato dell’offerta comporteranno un rincaro delle materie prime per i consumatori e opportunità per gli investitori azionari, sia nel comparto dell’energia pulita ,che nei settori più inquinanti impegnati nella transizione verso un modello di business sostenibile.

I piani della Cina per raggiungere il picco delle emissioni di anidride carbonica (CO2) entro il 2030 e la neutralità carbonica entro il 2060 costituiscono obiettivi ambiziosi. Sulla base dell’andamento sostenuto dei corsi azionari registrato dai settori industriali e dei materiali, sembra che le iniziative verdi cinesi siano ben pubblicizzate e comunicate al mercato.

Mentre i paesi sviluppati delineano lo schema degli accordi sul clima, ciò che conta maggiormente è la partecipazione del colosso asiatico. Il paese è il maggior produttore mondiale di emissioni di gas serra, poiché immette nell’atmosfera il doppio della quantità degli Stati Uniti e genera circa un terzo delle emissioni globali totali.

Riforme dell’offerta 2.0

Per raggiungere gli obiettivi del paese sul fronte delle emissioni di carbonio, Pechino ha implementato la sua seconda fase di riforme sul lato dell’offerta. La Cina sta riproponendo una strategia simile a quella di cinque anni fa, quando le iniziative politiche miravano a limitare l’eccessiva produzione di materie prime in aree altamente inquinanti.

La guerra della Cina all’inquinamento non è una novità; ciò che è inedito è l’arma che ha scelto. Tra le misure iniziali adottate per combattere le emissioni di gas serra, le prime ad essere colpite sono state nuovamente le regioni produttrici di materie prime. La città industriale di Tangshan, che produce il 15% dell’acciaio del paese e l’8% di quello mondiale, ha ridotto da un terzo a metà la sua capacità produttiva (cfr. Grafico). La Mongolia Interna ha già sospeso tutti i nuovi progetti relativi a ferroleghe, alluminio, allumina e polisilicio almeno fino al 2025.

Le mosse segnano l’intensificazione di una campagna più ampia volta a contenere le eccessive emissioni di carbonio. Con la chiusura delle fabbriche si prospettano perdite imminenti di posti di lavoro, il che evidenzia le sfide con cui Pechino deve confrontarsi nel tentativo di preservare l’occupazione e stimolare i consumi interni. Tuttavia, la riduzione dell’attività industriale si inserisce anche nel contesto di altre politiche di mercato che Pechino spera di attuare.

Queste misure comprendono l’accelerazione delle riforme delle imprese statali (SOE) mediante il consolidamento delle realtà meno redditizie e più inquinanti. I dirigenti delle imprese statali dell’acciaio e dell’alluminio sono stati incaricati di raggiungere il picco delle emissioni di carbonio entro il 2025, cinque anni prima di quanto previsto per il piano nazionale (2030), rispecchiando una spinta al cambiamento trainato dal mercato.

Rincaro dell’acciaio e dell’alluminio

Dato che la produzione di acciaio e alluminio genera rispettivamente il 16% e il 5% delle emissioni di CO2 cinesi, i nuovi investimenti verdi creeranno precedenti per il modo in cui Pechino gestirà altri settori caratterizzati da un forte inquinamento energetico. Alcune innovazioni tecnologiche a lungo termine, come i forni elettrici ad arco per l’acciaio o la produzione di alluminio con energia idroelettrica, emettono molto meno carbonio dei metodi attuali e offrono soluzioni commerciali praticabili a medio e lungo termine (Grafico).

Nell’immediato, tuttavia, la transizione è più complicata, in quanto i tagli alla produzione rimangono la migliore opzione disponibile. Insieme alla ripresa della domanda globale, la ridotta produzione di materie prime dovuta a standard di emissione più rigorosi si tradurrà probabilmente, a nostro avviso, in un rialzo dei prezzi per i consumatori globali.

Sebbene l’aumento dei prezzi delle materie prime sottolinei il successo delle politiche di Pechino, il risvolto ironico è che i rincari potrebbero alimentare altri problemi politici. Pechino ha già messo in guardia contro la speculazione sui prezzi delle commodity, mentre le autorità attingono alle riserve strategiche per alleviare a valle l’aumento dei costi degli input per i produttori. Tuttavia, i fondamentali della domanda e dell’offerta non potranno che diventare più rilevanti nel tempo, spingendo i prezzi ancora più in alto.

Per quanto riguarda l’acciaio, i produttori cinesi stimano che il costo per soddisfare gli standard di emissione di CO2 si aggiri tra 400 e 600 RMB alla tonnellata. I produttori cinesi di alluminio si confrontano anche con la prospettiva di un aggravio dei costi qualora le norme internazionali sull’applicazione di un prezzo per emissione di carbonio dovessero entrare in vigore.

Per quanto rappresenti solo il 5% delle emissioni di carbonio in Cina, la fusione dell’alluminio è il processo a più alta intensità di carbonio tra i metalli industriali. A titolo di confronto, la produzione di acciaio in Cina genera da 1,5 a 1,8 tonnellate di CO2 per ogni tonnellata di produzione realizzata con l’altoforno, mentre la fusione dell’alluminio a base di carbone emette 13 tonnellate di CO2 per ogni tonnellata di lingotti di alluminio.

Con una politica in materia di crediti di carbonio che entrerà probabilmente in vigore nel 2022 a partire proprio dai produttori cinesi di alluminio, soddisfare le norme locali di pricing del carbonio potrebbe incrementare il costo di base dell’alluminio anche di 1.300 RMB alla tonnellata; si tratta di un incremento del 10%, quattro volte superiore a quello che scaturirebbe dall’imposta sul carbonio alle frontiere proposta in Europa, dove i crediti di carbonio scambiano attualmente a 55 euro alla tonnellata.

Crediamo che le strutture di costo più elevate causeranno difficoltà ai produttori di minori dimensioni, dando ai grandi produttori di acciaio e alluminio l’opportunità di rafforzare la loro quota di mercato. I quattro maggiori produttori di acciaio della Cina controllano nell’insieme il 22% del mercato nazionale, una frazione rispetto ai loro vicini asiatici e ai loro omologhi occidentali, e riteniamo che l’opportunità di conquistare nuove quote di mercato fungerà da catalizzatore degli utili.

Il programma di neutralità carbonica della Cina per il 2060 coincide con una maggiore attenzione degli investitori ai fattori ESG. Siamo del parere che il crescente engagement degli investitori con i gruppi dirigenti delle aziende potrebbe spingere le imprese più inquinanti ad adottare modalità operative più pulite ed efficienti. Dal nostro punto di vista, il piano di neutralità carbonica della Cina darà alle imprese siderurgiche un’importante spinta a fissare obiettivi aggressivi di riduzione delle emissioni di carbonio e a investire nelle fonti di energia rinnovabile per abbattere i costi dell’energia verde.

Mentre il contenimento della produzione industriale sarà una caratteristica fondamentale delle riforme dell’offerta cinesi 2.0, ci aspettiamo un’implementazione non uniforme della politica, in quanto Pechino cercherà un equilibrio tra la ripresa economica e le esigenze ambientali. Le autorità monetarie seguiranno attentamente i progressi in essere, poiché il potenziale rincaro delle materie prime potrebbe accentuare le pressioni inflazionistiche.

Il ciclo continuo di aggiornamenti della produzione manifatturiera alimenterà la domanda di infrastrutture per l’energia rinnovabile e pulita, in particolare nella generazione solare ed eolica. Tuttavia, i gestori attivi possono sviluppare strategie d’investimento verdi che vanno oltre l’ovvio, impiegando il capitale all’inizio del ciclo politico con una particolare attenzione ai settori tradizionalmente più inquinanti, dove avrà luogo il processo di bonifica iniziale.

Questo potrebbe sembrare un approccio poco ortodosso all’investimento focalizzato sull’ambiente. Dal nostro punto di vista, tuttavia, le imprese con valutazioni interessanti e destinate a migliorare i loro fondamentali aziendali e a ridurre al minimo le loro impronte di carbonio possono essere una fonte sorprendente di potenziale di rendimento, a fronte della progressiva attuazione dei programmi di neutralità climatica della Cina.

Le opinioni espresse nel presente documento non costituiscono ricerca, consulenza di investimento o raccomandazioni di acquisto o di vendita, e non rappresentano necessariamente le opinioni di tutti i team di gestione di AB; tali opinioni sono soggette a revisione nel corso del tempo.