La normalizzazione monetaria non dovrebbe scalfire i titoli corporate

21 febbraio 2022
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La possibilità di un rialzo dei tassi ha offuscato le prospettive per l’obbligazionario nel 2022, ma non tutto il male vien per nuocere. La nostra ricerca suggerisce che i solidi fondamentali del credito corporate possono aiutare gli investitori a superare la tempesta, a condizione di adottare un approccio selettivo all’assunzione di rischi.

L’inflazione e le conseguenti pressioni a cui sono sottoposte le banche centrali, chiamate a normalizzare la politica monetaria, fanno da cornice alle prospettive per il 2022, in particolare nella prima parte dell’anno. Successivamente, con l’avvio dei rialzi dei tassi, ci aspettiamo un rallentamento della crescita economica globale, che rimarrà tuttavia superiore alla media.

Gli investitori in titoli di Stato temono che l’aumento dei rendimenti darà luogo a perdite di capitale, mentre gli investitori in obbligazioni corporate hanno paura che una crescita più lenta, benché su livelli superiori alla media, si ripercuota negativamente sugli utili, rendendo più oneroso il servizio del debito per le aziende, specialmente in uno scenario di tassi in aumento.

La nostra ricerca, tuttavia, suggerisce che gli emittenti di obbligazioni corporate in molti mercati e settori sono ben posizionati per superare queste incertezze, per una serie di motivi quali le dinamiche aziendali robuste, il continuo consolidamento dei bilanci, i fattori di rischio contenuti o gestibili, l’espansione dei free cash flow e le politiche finanziarie relativamente prudenti adottate dalle aziende.

Utili e bilanci in miglioramento

Le imprese hanno beneficiato della riapertura delle economie dopo le prime ondate della pandemia. Le società della maggior parte del mondo – compresi gli emittenti high yield e investment grade statunitensi ed europei, come pure molte aziende dei mercati emergenti – registrano un recupero e un’espansione.

Nel corso dell’anno molti settori attualmente in ripresa dovrebbero entrare nella fase successiva del ciclo del credito. Anche se i progressi non saranno uniformi in tutti i paesi e i settori – l’economia europea continua ad arrancare rispetto a quella statunitense e la crescita asiatica, in passato robusta, inizia a rallentare – è probabile che la maggior parte degli emittenti societari mondiali si trovi in modalità espansiva.

Un’espansione è favorevole per le vendite e gli utili, ma induce gli investitori obbligazionari ad alzare la guardia. Le aziende spesso reagiscono alle prospettive ottimistiche contraendo ulteriori debiti per finanziare fusioni e acquisizioni (M&A) o incrementando le distribuzioni agli azionisti. Appena il ciclo entra nella fase discendente, queste imprese possono ritrovarsi con troppo debito o poca liquidità, rischiando di conseguenza un declassamento del rating e possibilmente un default.

In questo ciclo, tuttavia, è accaduto l’opposto. L’incertezza provocata dal COVID ha spinto le aziende a gestire bilanci e liquidità in modo prudente, anche a fronte di una risalita delle vendite e degli utili. Di conseguenza, la leva finanziaria è notevolmente migliorata rispetto ai livelli raggiunti all’inizio della pandemia e le operazioni di M&A, laddove effettuate, non hanno avuto effetti di rilievo sull’indebitamento (cfr. Grafico).



Quanto sopra vale anche per le obbligazioni high yield statunitensi e per il debito investment grade e high yield europeo, e contribuisce a rischiarare le prospettive del credito globale.

I rating prospettici ritornano sui livelli pre-COVID

Per valutare lo stato di salute dell’universo del credito corporate, utilizziamo i nostri rating creditizi proprietari per le obbligazioni societarie investment grade e high yield di Stati Uniti ed Europa. Ad esempio, quando è sopraggiunta la prima ondata di COVID-19 nell’aprile 2020, la media ponderata netta dei rating prospettici dei bond investment grade USA è scesa in 14 settori su 19. Adesso in tutti i casi tranne quattro i rating medi sono tornati o hanno superato i livelli pre-COVID.

Due settori – beni di consumo ciclici ed imprese energetiche integrate – presentano rating più elevati di quelli registrati prima della pandemia. Il settore dei beni di consumo ciclici include società come Amazon, che ha beneficiato del passaggio strutturale alle vendite online (un trend che sembra destinato a sopravvivere alla pandemia). Le imprese energetiche integrate hanno tratto vantaggio dagli alti prezzi dell’energia, da un approccio prudente alla spesa per investimenti e da una rigorosa gestione dei bilanci.

I quattro settori con rating ancora inferiori ai livelli pre-COVID sono i beni strumentali (dove i rating medi ponderati rimangono bassi a causa delle difficoltà di Boeing), i servizi petroliferi (dove la maggior parte delle imprese non ha il pricing power necessario per beneficiare del rincaro del petrolio), le raffinerie (per le quali gli alti corsi del greggio costituiscono un fattore d’ostacolo) e le assicurazioni (i tassi di mortalità dovuti al COVID-19 hanno penalizzato gli assicuratori del ramo vita).

Le operazioni di M&A comportano pochi rischi per i rating

Come notato in precedenza, in questa fase del ciclo del credito il rischio che le imprese si indebitino oltremisura per finanziare l’attività di M&A o aumentare le distribuzioni agli azionisti rimane a nostro avviso basso. Questo nostro punto di vista è basato sui trend della liquidità, della leva finanziaria e della copertura degli oneri finanziari, sulla nostra valutazione delle politiche finanziarie delle aziende adesso e nei prossimi 12 mesi, e sui nostri rating creditizi correnti e prospettici.

La nostra classificazione delle politiche finanziarie aziendali in tre categorie – prudenti, neutrali o aggressive – fornisce un’indicazione sulla probabile propensione delle imprese ad assumere ulteriori debiti. Attualmente, secondo la nostra analisi, le politiche finanziarie sono neutrali nella metà dei settori investment grade e prudenti nell’altra metà. Discorso analogo vale per le obbligazioni high yield, dove tuttavia le politiche finanziarie di un settore – quello della tecnologia – sono classificate come aggressive.

Nei prossimi 12 mesi è probabile che le politiche finanziarie diventino “più aggressive” (in termini relativi anziché assoluti) in tutti i settori dell’universo investment grade, ad eccezione delle comunicazioni, dove ci aspettiamo che rimangano neutrali. Nel segmento high yield prevediamo cambiamenti di rilievo solo in due settori, industria di base ed energia, dove le politiche finanziarie diventeranno probabilmente più aggressive.

Per contestualizzare questa analisi, i nostri rating prospettici in relazione ai nostri (già abbastanza solidi) rating correnti sono stabili per oltre la metà degli emittenti investment grade, e ci aspettiamo che i miglioramenti dei profili creditizi superino i deterioramenti in tutti i settori investment grade e high yield, tranne uno (beni strumentali investment grade).

In altre parole, non solo la probabilità di un aumento della leva finanziaria per le operazioni di M&A è bassa, ma vi sono anche i margini per un cambiamento delle politiche finanziarie aziendali senza che questo incida sensibilmente sui rating creditizi. Ciò non esclude che i fondi di private equity con ampie disponibilità di cassa possano effettuare operazioni di leveraged buyout, ma per il momento le prospettive favorevoli per i fondamentali societari superano i rischi di un releveraging tramite questi acquirenti non strategici. Inoltre, anche laddove si è registrata un’attività di private equity, l’impatto sulle metriche del mercato obbligazionario è stato modesto.

Un’importante fonte di diversificazione

Per gli investitori obbligazionari, le robuste dinamiche aziendali, il miglioramento dei bilanci, i rischi gestibili e le politiche finanziarie prudenti suggeriscono che gli emittenti corporate riusciranno ad affrontare con successo la normalizzazione delle politiche monetarie nel 2022. Nei portafogli obbligazionari diversificati, le diverse caratteristiche dei titoli di Stato e del credito e la bassa correlazione tra le due asset class costituiscono un’importante fonte di diversificazione, soprattutto nei periodi di incertezza. Per questo motivo, le prospettive del credito nei prossimi 12 mesi ci sembrano incoraggianti per gli investitori attivi con un approccio selettivo al rischio.

Le opinioni espresse nel presente documento non costituiscono una ricerca, una consulenza di investimento o una raccomandazione di acquisto o di vendita e non esprimono necessariamente le opinioni di tutti i team di gestione di portafoglio di AB. Le opinioni sono soggette a modifiche nel tempo.