Alla riscoperta delle attrattive dell'azionario emergente

03 febbraio 2021
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Le azioni dei mercati emergenti (ME), spesso considerate rischiose durante le fasi di crisi, hanno messo a segno un rimbalzo nel 2020, nonostante la pandemia di COVID-19 infuriasse in tutto il mondo. Ora che vaccini e nuove misure di sostegno sono in arrivo, gli investitori hanno ottime ragioni per considerare l’azionario ME nel 2021, naturalmente valutando sempre in chiave strategica i potenziali rischi associati.

Le azioni dei mercati emergenti (ME) sono state in gran parte ignorate mentre la crisi del COVID-19 si diffondeva, ma ora stanno cominciando ad attirare una maggiore attenzione. Dopo i contraccolpi subiti a partire da marzo, i flussi netti verso le strategie azionarie ME hanno registrato un rimbalzo, tornando in territorio positivo nel quarto trimestre dell’anno. Nel 2020, l’indice MSCI Emerging Markets ha guadagnato il 19,1% in valuta locale, superando così l’azionario dei mercati sviluppati (DM) (cfr. Grafico).

Nonostante la ripresa, molti investitori sono ancora restii a puntare sulle azioni emergenti a causa della persistente incertezza legata alla pandemia in regioni chiave. Tuttavia, i rendimenti di questa asset class hanno tenuto bene negli ultimi due anni, grazie a fondamentali solidi, buone valutazioni e fattori economici favorevoli. A ciò si aggiunge ora la prospettiva dei vaccini contro il COVID-19. Riteniamo pertanto che anche gli attendisti riusciranno a cogliere il positivo potenziale a lungo termine dei mercati emergenti.

Tre anni di percorso accidentato per i ME sono a una svolta

L’azionario ME è uscito dal radar degli investitori ben prima della pandemia. L’asset class ha registrato un rally nel 2016 e in gran parte del 2017, per poi subire gravi contraccolpi a causa delle tensioni commerciali USA-Cina, di una costosa guerra tecnologica e, da ultimo, della pandemia globale. Nel 2020, tutti i paesi hanno vacillato, con il PIL dell’India in contrazione di quasi l’11% secondo le stime degli economisti di AB, un risultato che colloca l’economia del paese tra le peggiori al mondo a livello di performance. Con il progressivo miglioramento delle condizioni e delle prospettive economiche, tuttavia, prevediamo che i fattori sfavorevoli si smorzeranno nel 2021, affiancati da altri sviluppi favorevoli. Stimiamo infatti che il PIL dell’India possa crescere del 9% e quello della Cina dell’8% nel corso del 2021, ben al di sopra delle rispettive medie registrare nell’ultimo decennio.

Alcuni paesi emergenti, peraltro, come Cina e Corea del Sud, potrebbero mettere a segno più velocemente un rimbalzo rispetto alle economie sviluppate, poiché relativamente ben posizionati per assorbire le conseguenze economiche della crisi sanitaria. E anche se paesi come India e Indonesia sono al momento in difficoltà, i mercati emergenti nel loro complesso hanno subito una flessione decisamente più blanda dell’indice dei direttori degli acquisti (PMI) nel settore manifatturiero (un indicatore economico previsionale chiave). Questi paesi potrebbero dunque avere una marcia in più per imboccare la strada della ripresa (cfr. Grafico a sinistra).

La possibilità che siano varate politiche commerciali più favorevoli rappresenta un ulteriore fattore positivo per l’azionario ME, dal momento che un cambio di rotta in tal senso da parte dell’amministrazione Biden potrebbe alleviare le tensioni commerciali fra Stati Uniti e Cina. Un cambiamento dei toni contribuirebbe certamente a creare una situazione più stabile e prevedibile, con ricadute positive per gli scambi commerciali, lo sviluppo tecnologico e l’export in tutta l’Asia, dove una ripresa sostenuta è già in corso in mercati chiave (cfr. Grafico a destra).

Si rafforzano i segnali di ripresa post-COVID nei mercati emergenti

Si moltiplicano inoltre i segnali che evidenziano come i paesi emergenti stiano gestendo la crisi economica e sanitaria meglio delle controparti sviluppate. La Cina, seconda economia mondiale per dimensioni, ha imboccato per prima la strada della ripresa e si è quindi affrettata a mettere in campo imponenti piani non appena la crescita si è rafforzata. La produzione manifatturiera è già tornata ai livelli pre-crisi e il prossimo piano quinquennale (approvato dal quinto Plenum del partito comunista cinese) prevede misure per ridurre la dipendenza dalla tecnologia statunitense. A trarne vantaggio saranno le società tecnologiche innovative cinesi e un corollario di imprese non tecnologiche sia nel paese che a Taiwan.

Il numero dei nuovi contagi a Taiwan, in Thailandia, Corea del Sud e Vietnam è ormai molto basso, dopo l’allentamento dei lockdown avvenuto qualche mese fa. Cina, Taiwan e Corea del Sud in particolare, che rappresentano insieme il 60% dell’indice MSCI Emerging Markets, hanno attuato strategie di contenimento estremamente efficaci. Di conseguenza, la loro attività economica sta tornando su livelli normali più rapidamente rispetto ad alcuni paesi vicini. Inoltre, secondo un recente studio dell’Imperial College, dato che la popolazione dei mercati emergenti è tendenzialmente più giovane, i decessi a livello nazionale sono più bassi, pari ad appena lo 0,23% rispetto all’1,15% dei paesi sviluppati.

Infine, l’avvio delle campagne vaccinali contro il COVID-19 rappresenta un ulteriore fattore di slancio per i mercati emergenti. Il vaccino di AstraZeneca, essendo meno costoso di altri, dovrebbe diffondersi in queste regioni più dei concorrenti. Peraltro, la stessa società ha dichiarato che intende rivolgersi a un maggior numero di paesi a basso reddito. I mercati emergenti non sono ancora fuori pericolo, ma il virus è decisamente in ritirata come fattore dominante.

Economie, valute e altri fattori che trainano la ripresa

I livelli di indebitamento relativamente più bassi conferiscono ai mercati emergenti un altro vantaggio fondamentale. I mercati sviluppati, con gli Stati Uniti in testa, sono entrati nella pandemia con un debito molto più elevato rispetto a numerose controparti emergenti. Il divario nel rapporto debito/PIL tra Stati Uniti e mercati emergenti dovrebbe crescere ulteriormente poiché la strada dell’amministrazione USA per uscire dalla crisi economica passa per l’aumento della spesa pubblica. Ne trarranno probabilmente vantaggio le valute dei paesi emergenti, che avevano attraversato una fase di debolezza ma stanno cominciando a rafforzarsi contro il dollaro USA (cfr. Grafico a sinistra). Se guardiamo ai dati storici, un indebolimento del biglietto verde porterebbe benefici alle imprese nei mercati emergenti e ne aumenterebbe il potenziale di rendimento (cfr. Grafico a destra).

Una congiuntura prolungata con tassi d’interesse ridotti alimenta ulteriormente il potenziale dei mercati emergenti. Riteniamo che tassi storicamente modesti, ad esempio in Brasile e India, possano contribuire al rilancio di settori chiave, come quello dei mutui ipotecari e delle automobili, ma i vantaggi economici dovrebbero estendersi in tutta l’asset class. Le stime sugli utili dei mercati emergenti sono più solide (cfr. Grafico a sinistra) e le valutazioni azionarie, decisamente al di sopra dei minimi storici, sono considerevolmente più interessanti di quelle nei mercati sviluppati (cfr. Grafico a destra).

Alla ricerca di opportunità, anche nei settori più colpiti dalla pandemia

Naturalmente, molti settori economici dei mercati emergenti hanno subito gravi contraccolpi a causa della pandemia e avranno bisogno di tempo per recuperare. Tuttavia, anche all’interno dei settori in difficoltà, è possibile trovare imprese di qualità elevata e con valutazioni interessanti, il cui potenziale in fatto di utili in un mondo finalmente libero dalla pandemia è ampiamente sottostimato.

Con il progressivo miglioramento del sentiment dei consumatori, ad esempio, alcuni titoli azionari ciclici nel settore dei viaggi, delle banche e della tecnologia appaiono promettenti, così come altri nel comparto automobilistico e in quello del commercio al dettaglio. A nostro avviso, le azioni cicliche beneficeranno di una forte ripresa degli utili quando la campagna vaccinale inizierà a dare i suoi frutti.

Non tutte le imprese emergeranno però indenni dalla pandemia. Molte, incapaci di innovarsi e competere sul mercato, erano già in difficoltà pre pandemia. E la crisi ha segnato il loro destino. Una selezione attiva dei titoli è fondamentale per distinguere i fanalini di coda dai leader, il cui potenziale di generazione di utili nel 2022 è superiore al livello del 2019.

Il potenziale dei mercati emergenti è sottoutilizzato

L’efficace risposta alla crisi, il miglioramento della situazione economica e i solidi fondamentali sono buoni motivi per investire in società ME di qualità elevata con valutazioni interessanti. Anche dopo i recenti afflussi, gli investitori istituzionali e privati contano allocazioni ridotte in queste regioni rispetto agli scorsi anni.

Una certa riluttanza è comprensibile. I mercati emergenti hanno alle spalle una lunga storia di sfide e volatilità, e alcune imprese ME appaiono a nostro avviso irragionevolmente costose in questo momento. Tuttavia, identificando le società in grado di sostenere l’incertezza, gli investitori possono costruire portafogli resistenti alla prova del tempo. Oggi esistono molteplici vie d’accesso all’azionario ME che possono soddisfare investitori con diversi gradi di tolleranza al rischio. I passi avanti sulla strada della ripresa post-pandemia possono alimentare la fiducia degli investitori se l’attenzione si concentra sui principali punti di forza e sul potenziale di crescita di società selezionate che, nel tempo, hanno dato prova di tenuta.

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