La guerra Russia-Ucraina ha implicazioni durature per gli investimenti

14 marzo 2022
5 min read

Con l’invio di truppe in Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin ha annullato decenni di sforzi per cementare la pace in Europa dopo la Guerra fredda. Per gli investitori, il nuovo ordine mondiale ha sollevato diversi temi che condizionano la nostra analisi di asset class e titoli.

La catastrofe umanitaria di cui siamo testimoni in Ucraina ha scioccato il mondo. Non possiamo più dare per scontate la pace e la sicurezza che hanno generalmente prevalso in Europa dal crollo dell’Unione Sovietica, più di trent’anni fa. Adesso gli investitori azionari e obbligazionari devono ripensare gli effetti degli eventi geopolitici sul quadro macroeconomico globale e ragionare su come queste tendenze influiscono su singole imprese e paesi e sulla selezione dei titoli. Anche se le domande sono più numerose delle risposte, ecco alcuni grandi temi che i nostri team d’investimento stanno iniziando ad esplorare.

Come cambierà l’Europa?

Nel corso degli anni i paesi europei sono diventati sempre più dipendenti dalle importazioni di energia russa. Prima dell’invasione, la Russia rappresentava circa un terzo delle importazioni di gas naturale dell’UE e del Regno Unito; i paesi più esposti a un taglio delle forniture sono Germania, Italia, Ungheria e Polonia. Secondo l’International Energy Agency, l’Europa importava anche il 60% circa del petrolio russo. Adesso i paesi europei stanno ripensando le loro strategie energetiche. Questo tenderà ad accelerare la transizione verso le rinnovabili, ma richiederà anche fonti alternative di combustibili fossili nel breve termine. Al contempo, se viene estromessa dai mercati europei, la Russia potrebbe cercare di reindirizzare le sue forniture verso la Cina e altri paesi asiatici.

La difesa è diventata improvvisamente una priorità dell’Europa. Ad esempio, con una mossa senza precedenti nella storia del secondo dopoguerra, nel bilancio 2022 la Germania ha destinato 100 miliardi di euro alle spese militari, più del doppio di quanto stanziato nel 2021. A dispetto del crollo dei mercati azionari seguito all’inizio delle ostilità, i titoli di alcuni gruppi europei del settore difesa hanno guadagnato terreno.

Il fabbisogno di energia e le esigenze della difesa stanno galvanizzando la regione. Nel Consiglio europeo del 9 e 10 marzo a Versailles i 27 leader dell’UE hanno iniziato a delineare una strategia per ridurre la dipendenza dall’energia russa e coordinare i piani di spesa per la difesa. Secondo quanto segnalato dagli organi di stampa, l’UE potrebbe emettere eurobond per finanziare tali fabbisogni. Questi sviluppi rappresentano un cambiamento epocale nell’integrazione politica ed economica dell’Europa, che potrebbe avere grandi ricadute per gli investitori in tutte le asset class.

Quali sono le implicazioni per le materie prime?

L’impennata dei prezzi dell’energia, dei metalli e di altre materie prime potrebbe sembrare una riedizione delle tendenze di vent’anni fa. Oggi però le condizioni sono molto diverse rispetto agli anni 2000, quando il superciclo delle commodity era trainato dalla domanda. Questa volta siamo in presenza di uno shock dell’offerta.

La Russia e l’Ucraina forniscono circa un quarto del frumento consumato nel mondo. Un’altra voce importante dell’export russo è il fertilizzante. All’aumentare dei prezzi di alimenti e carburante, i paesi emergenti, che dipendono notevolmente dalle importazioni da Russia e Ucraina, potrebbero essere vulnerabili a problemi economici, disordini sociali e ritardi nel consolidamento fiscale. Ci vuole tempo perché le nuove fonti di approvvigionamento energetico entrino in funzione. Fino ad allora, l’unico modo per bilanciare domanda e offerta potrebbe essere rappresentato da un rialzo dei prezzi talmente pronunciato da erodere la domanda, innescando potenzialmente una recessione in alcune parti del mondo.

I mercati delle materie prime stanno appena cominciando a metabolizzare le implicazioni delle sanzioni. Nel tempo, tuttavia, questi mercati potrebbero assumere sembianze molto diverse da oggi, con cambiamenti potenzialmente significativi nelle fonti di produzione e nella capacità di trasporto e di raffinazione. Ci aspettiamo di osservare anche un’accelerazione degli investimenti in fonti di energia alternative, efficienza energetica e nuovi materiali, per sostituire le forniture bloccate in Russia e Ucraina.

La deglobalizzazione sta accelerando?

Durante la pandemia le interruzioni delle filiere produttive hanno minacciato di pregiudicare decenni di globalizzazione, che era già in pericolo a causa della diffusione del populismo. Adesso che la Russia è stata estromessa da molti mercati, la deglobalizzazione diventerà ancora più rapida? È troppo presto per dirlo, ma i dati sulle esportazioni e sugli investimenti in nuovi progetti possono fornire indicazioni utili riguardo a un’eventuale accelerazione della deglobalizzazione.

Cosa succede se aumentano le aziende che riportano la produzione nei rispettivi mercati nazionali? L’inflazione potrebbe salire, perché le imprese non produrrebbero necessariamente nella sede più efficiente. Tuttavia, il rimpatrio delle attività produttive potrebbe condurre anche a un’ondata di investimenti interni e a potenziali aumenti dei salari, che potrebbero dare impulso alla domanda interna.

Come possiamo gestire il rischio geopolitico nei portafogli?

Dalle elezioni alla guerra, è intrinsecamente difficile assegnare una probabilità agli eventi geopolitici in modo affidabile. Gli investitori in genere tengono d’occhio le tendenze politiche, ma l’analisi fondamentale delle azioni e delle obbligazioni societarie si concentra maggiormente sui fattori di rischio e rendimento delle singole imprese. La guerra in Ucraina e le dure sanzioni occidentali hanno rammentato agli investitori che c’è sempre la possibilità che si verifichino eventi geopolitici altamente improbabili con enormi conseguenze per le imprese e i mercati dei capitali.

Potrebbe essere necessario ripensare il modo in cui si applicano i premi al rischio associati ai grandi eventi geopolitici. In alcuni casi, si potrebbe concludere che i rischi altamente improbabili sono troppo difficili da valutare e che dovrebbero semplicemente essere ignorati (il che potrebbe essere l’approccio giusto a fronte di eventi veramente catastrofici). In altri casi, potenziali esiti in precedenza ritenuti improbabili potrebbero precludere gli investimenti in alcuni asset ad alto rischio o quanto meno renderli soggetti a premi al rischio nettamente più elevati.

Dobbiamo ripensare le questioni ESG?

La crisi energetica ha suscitato grandi interrogativi in merito alla spinta globale verso l’azzeramento delle emissioni nette di carbonio. Ancor prima dell’invasione, credevamo che il mondo avesse bisogno di un piano di transizione credibile che assicurasse forniture di energia sufficienti nel prossimo decennio, nell’attesa che si compia la transizione verso le rinnovabili. Adesso questi interrogativi sono diventati più urgenti.

Le carenze di fumento e cereali potrebbero condurre a un’espansione della produzione in paesi come il Brasile, complicando gli sforzi per arrestare la deforestazione dell’Amazzonia. Come possiamo bilanciare i bisogni sociali di cibo a prezzi accessibili con i bisogni ambientali in casi come questi?

La guerra cambierà il modo in cui gli investitori focalizzati sui temi ESG considerano le imprese del settore difesa? Molti investitori attenti ai temi ESG le hanno finora evitate, ma se queste aziende sono considerate cruciali per assicurare la libertà e la democrazia in Ucraina, nei paesi limitrofi e più generalmente in Europa, anche questo approccio potrebbe cambiare. Il comportamento dei governi nazionali dovrebbe avere un peso maggiore nell’analisi ESG? Se sì, come? Per affrontare tutti questi temi sarà necessario un approccio ponderato. Noi ci proponiamo di applicare la ricerca fondamentale e l’engagement attivo per comprendere tutti gli aspetti di queste complesse questioni e pervenire a un punto di vista equilibrato che promuova migliori risultati ESG e finanziari.

Nella nebbia della guerra è difficile concentrarsi chiaramente sul modo in cui il conflitto cambierà il mondo in cui viviamo e investiamo. Tuttavia, non è troppo presto per iniziare a inquadrare le questioni che influiranno indubbiamente sul nostro approccio all’analisi di imprese e paesi e alla costruzione dei portafogli per anni a venire.

Le opinioni espresse nel presente documento non costituiscono ricerca, consulenza di investimento o raccomandazioni di acquisto o di vendita, e non rappresentano necessariamente le opinioni di tutti i team di gestione di AB; tali opinioni sono soggette a revisione nel corso del tempo.