What Are Bond Investors Thinking? Their Three Top Concerns

08 luglio 2021
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Gli investitori obbligazionari sono preoccupati. E come biasimarli? Dall’aumento dei prezzi al consumo, passando per taper tantrum e cambiamento climatico, c’è un timore palpabile dietro a ogni angolo. Di seguito, condividiamo le nostre valutazioni dei rischi e alcune strategie per mitigarli. A questo si aggiunge una preoccupazione supplementare: la tecnologia dei gestori obbligazionari (chi non nutre apprensioni al riguardo, dovrebbe farlo).

Timore n. 1: l’inflazione

Gli Stati Uniti sono l’epicentro dei timori relativi all’aumento dell’inflazione, a causa di un imponente stimolo fiscale che sostiene una rapida ripresa economica. L’inflazione statunitense ha continuato a salire a maggio, con il Consumer Price Index (CPI) core in rialzo dello 0,7% su base mensile e del 3,8% su base annua, quest’ultimo il tasso più elevato da oltre 25 anni.

Crediamo che questo balzo dell’inflazione sia transitorio. Prevediamo che gli aumenti dei prezzi rallenteranno nel corso dell’anno con l’allentamento dei vincoli dell’offerta indotti dalla pandemia, che permetterà a quest’ultima di portarsi al passo con la domanda alleviando le pressioni sui prezzi.

L’inflazione potrebbe diventare motivo di apprensione nell’eurozona? Non nell’immediato. La Banca centrale europea ha recentemente collocato ad appena l’1,7% la sua previsione sulla crescita dei prezzi per il 2023, evidenziando quanto sia lontana dal raggiungere l’obiettivo d’inflazione (e indicando che saranno necessari continui acquisti di asset anche molto tempo dopo che il Programma di acquisto per l’emergenza pandemica sarà terminato).

Benché non crediamo che l’inflazione diventerà il grande fattore di preoccupazione, gli investitori farebbero bene ad apportare alcune modifiche ai loro portafogli. Un’inflazione leggermente più elevata erode infatti il valore reale dei rendimenti degli investimenti e spesso determina un aumento dei tassi d’interesse. Nel contesto inflazionistico di oggi, gli investitori potrebbero prendere in considerazione le seguenti strategie:

  • Attuare una modesta riduzione della duration, o sensibilità ai tassi d’interesse, del portafoglio. All’aumentare dei rendimenti di mercato, i prezzi delle obbligazioni a breve termine scendono meno di quelli dei titoli a lungo termine. Le obbligazioni a breve scadenza possono inoltre essere reinvestite prima in altri titoli dai rendimenti più elevati.
  • Orientare l’allocazione verso il credito per cogliere rendimenti e reddito incrementali. A tale scopo, si può anche rafforzare l’esposizione alle obbligazioni corporate high yield.
  • Diversificare nei settori a rendimento più elevato, come i credit risk transfer (CRT) securities statunitensi, che presentano basse correlazioni con i titoli di Stato e tra di loro. I CRT sono obbligazioni a tasso variabile garantite da asset reali – abitazioni – che spesso beneficiano dell’inflazione. Grazie a un vivace mercato immobiliare statunitense, i fondamentali dei CRT sembrano interessanti. Anche alcuni mercati emergenti appaiono promettenti e forniscono una fonte diversificata di rendimento potenziale.

Timore n. 2: tapering, tantrum e aumento dei rendimenti

Al pari dell’inflazione, i rendimenti possono essere spinti al rialzo anche dal rientro da una politica monetaria accomodante. Ancora una volta, i timori riguardo all’aumento dei tassi si concentrano sulla rapida ripresa dell’economia statunitense, che presto richiederà una riduzione (”tapering”) degli acquisti del programma di quantitative easing (QE) della Federal Reserve.

Tuttavia, non prevediamo un “taper tantrum” all’orizzonte. La Fed ha imparato dall’errore commesso nel 2013, quando ha colto i mercati impreparati con un cambiamento inatteso di politica monetaria, innescando una drammatica impennata dei rendimenti. Questa volta, la banca centrale sta preparando il terreno con largo anticipo per evitare sorprese.

Il tapering, che probabilmente inizierà alla fine di quest’anno, sarà il primo passo di un lungo percorso verso la normalizzazione della politica monetaria. La Fed rallenterà plausibilmente in modo progressivo il ritmo degli acquisti di asset e continuerà a comprare obbligazioni fino al 2022. In seguito alla conclusione definitiva dell’acquisto di titoli nell’ambito del programma QE, la Fed continuerà a reinvestire le cedole e le obbligazioni in scadenza, restando un attore importante nei mercati obbligazionari per anni a venire. Una volta raggiunto questo stato stazionario, prevediamo che la Fed manterrà il tasso di riferimento a zero per diversi mesi prima di intraprendere un ciclo di rialzi.

Il risultato nel corso del prossimo anno o due dovrebbe essere un aumento graduale dei rendimenti obbligazionari statunitensi, con un modesto rialzo di quelli dei Treasury decennali entro la fine del 2022. Nel frattempo, i rendimenti dovrebbero rimanere vicini a zero nell’eurozona e in Giappone, e stabili e relativamente elevati al 3,25% in Cina, dove il trend dei rendimenti estremamente bassi è stato evitato.

Purtroppo, a queste condizioni, gli investitori obbligazionari si trovano intrappolati tra l’incudine e il martello. Da un lato, i rendimenti risibili minacciano di pregiudicare il potenziale di performance di un portafoglio. D’altro canto, il percorso verso rendimenti più elevati, per quanto necessario nel lungo periodo, può rappresentare un fattore spiacevole a causa dell’iniziale flessione dei corsi obbligazionari. Cosa deve fare dunque un investitore?

Dal nostro punto di vista, le strategie che abbiamo già segnalato – riduzione della duration, orientamento verso il credito e diversificazione – costituiscono un buon inizio. Tuttavia, nel contesto attuale, gli investitori possono fare di più. Tra le strategie attive più efficaci, ci sono quelle che coniugano in un unico portafoglio gestito in modo dinamico titoli di Stato e altri asset sensibili ai tassi di interesse con bond orientati alla crescita.

Questo approccio può aiutare gli asset manager a gestire la relazione tra rischio di tasso e rischio di credito e a prendere decisioni migliori su come procedere in un dato momento. La capacità di ribilanciare gli asset con correlazione negativa contribuisce a generare reddito e rendimento potenziale, limitando la portata dei ribassi quando gli asset più rischiosi vengono venduti.

Timore n. 3: clima e altri rischi ESG

Tra le principali preoccupazioni degli investitori cominciano a figurare anche il clima e altri rischi ambientali, sociali e di governance (ESG). Gli investitori desiderosi di acquistare obbligazioni che contribuiscano a creare un mondo migliore e più sostenibile possono iniziare a studiare i pro e i contro delle diverse strutture obbligazionarie collegate a fattori ESG. La mitigazione dei rischi ESG, tuttavia, non si ferma all’acquisto di green bond.

Per cogliere e gestire appieno i rischi e le opportunità creati dall’investimento ESG, i gestori devono incorporare completamente i fattori ESG nelle analisi obbligazionarie e nei processi d’investimento. Anche gli investitori che non danno priorità ai temi di sostenibilità possono beneficiare dell’integrazione dei fattori ESG nel processo d’investimento. Da eventi ambientali catastrofici a condizioni di finanziamento più favorevoli, i fattori ESG incidono sui profitti di qualsiasi emittente obbligazionario.

Infine, è difficile gestire ciò che non si può misurare. Ecco perché abbiamo sviluppato un solido metodo per misurare l’impronta di carbonio di un portafoglio obbligazionario.

Una preoccupazione supplementare: la tecnologia dei gestori obbligazionari

La tecnologia degli asset manager non è tra i primi pensieri degli investitori, ma dovrebbe esserlo. Le soluzioni tecnologiche avanzate possono aiutare i gestori obbligazionari a setacciare l’intero mercato in tempo reale, suggerire potenziali operazioni, costruire operazioni in pochi secondi e investire nuovi portafogli più rapidamente.

Tre anni fa occorrevano in media 35 giorni per investire un nuovo portafoglio di credito o di debito emergente al 90%. Oggi questo stesso risultato può essere ottenuto nella metà del tempo, sempre che i gestori obbligazionari abbiano padroneggiato la rivoluzione tecnologica. E ogni giorno in più di capitali investiti equivale a maggiori interessi guadagnati.

Infine, la tecnologia all’avanguardia permette ai trader di ignorare le informazioni irrilevanti relative alla negoziazione di migliaia di titoli, per trovare opportunità e liquidità. Per contro, i gestori obbligazionari che non si avvalgono della giusta tecnologia rimarranno rapidamente indietro nel mondo post-Covid.

Prepararsi al mondo post-Covid

Il panorama post-pandemico sarà caratterizzato da numerosi cambiamenti. Tuttavia, la paura non è un buon motivo per restare in disparte. Con qualche aggiustamento dettato dalla prudenza, gli investitori possono prepararsi ad affrontare l’inflazione, il rialzo dei tassi e il cambiamento climatico, e posizionare i portafogli per prosperare in un mondo post-Covid.

Le opinioni espresse nel presente documento non costituiscono una ricerca, una consulenza di investimento o una raccomandazione di acquisto o di vendita e non esprimono necessariamente le opinioni di tutti i team di gestione di portafoglio di AB. Le opinioni sono soggette a modifiche nel tempo.