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Effetti del secondo round di dazi sull’economia USA

 

08 aprile 2025
4 min read
Eric Winograd| Director—Developed Market Economic Research and Chief US Economist

Come potrebbero ripercuotersi sull’economia le nuove restrizioni commerciali annunciate dagli Stati Uniti?

In seguito all’ultimo round di dazi annunciati dagli Stati Uniti all’inizio di aprile, abbiamo rivisto al ribasso le nostre prospettive per l’economia statunitense. Nel 2025 prevediamo un rallentamento della crescita e un aumento dell’inflazione. Se questo scenario si concretizzerà, crediamo che nel 2025 la Fed ridurrà i tassi di policy di 75 punti base, se non di più.

Il tira e molla su specifiche misure tariffarie continua, come attestano gli ultimi titoli di giornale. Tuttavia, se i dazi universali del 10% annunciati il 2 aprile (fatta eccezione per l’aliquota più alta applicata alla Cina) resteranno in vigore, queste misure, abbinate ai tagli della spesa pubblica interna e dei posti di lavoro nella pubblica amministrazione, ridurranno a nostro avviso la crescita del PIL statunitense nel 2025 allo 0,5-1,0%, con un netto aumento della probabilità di recessione rispetto a prima dell’annuncio. Se poi i dazi più draconiani inizialmente annunciati e successivamente sospesi saranno applicati in tutto o in parte, l’impatto economico sarà ancora maggiore.

L’impatto dei dazi si trasmette sul livello dei prezzi negli Stati Uniti

L’aumento dell’aliquota effettiva dei dazi, salita di oltre 10 punti percentuali rispetto allo scorso anno, farà lievitare secondo noi i prezzi per i consumatori e le imprese degli Stati Uniti. La decelerazione della crescita e il calo dei prezzi delle materie prime potrebbero attutire in parte l’impatto sull’inflazione, ma abbiamo comunque rivisto al rialzo al 3,8% le nostre previsioni sul CPI core per il 2025. Si tratta di un incremento dell’1,0% rispetto all’inflazione core che si sarebbe registrata senza i nuovi dazi.

Questi rincari hanno un costo di circa 2.000 dollari per la famiglia statunitense media. Gli aumenti dei prezzi all’indomani della pandemia di Covid-19 furono ancora più pronunciati, ma gli aiuti del governo federale aiutarono le famiglie americane a superare le difficoltà di quel periodo. Oggi un sostegno di questo tipo sembra altamente improbabile.

Il rallentamento atteso non rappresenta un cambiamento di direzione rispetto alle nostre previsioni precedenti. La spesa delle famiglie ha già rallentato dall’inizio dell’anno (cfr. Grafico) e l’indebolimento della fiducia dei consumatori lasciava presagire un’ulteriore decelerazione anche prima degli annunci sui dazi della scorsa settimana. Naturalmente, la fiducia può essere volatile e la spesa può essere influenzata da altri fattori. Tuttavia, riteniamo che i dazi incombenti, oltre ai dati economici esistenti, dipingano chiaramente un quadro di possibili rischi al ribasso. 

Quest’anno la spesa delle famiglie ha già rallentato
Quest’anno la spesa delle famiglie ha già rallentato Spesa personale in termini reali (variazione percentuale)
Quest’anno la spesa delle famiglie ha già rallentato

L’analisi storica non è garanzia di risultati futuri.
Al 28 febbraio 2025
Fonte: LSEG, Datastream

Visto il solido punto di partenza, ci aspettiamo un rallentamento dell’economia, non un crollo

In questa fase ci aspettiamo un rallentamento, ma è importante rammentare che l’economia statunitense parte da condizioni di solidità. Il mercato del lavoro è robusto e stabile e fornisce alle famiglie una fonte regolare di reddito. Le famiglie non hanno quel cuscinetto di risparmi accumulati di cui disponevano dopo la pandemia, ma in questo ciclo la crescita del reddito da lavoro ha superato l’inflazione: se questa tendenza prosegue, l’economia USA non andrà incontro a un crollo.

La resilienza del mercato del lavoro statunitense è evidenziata anche dal rapporto sull’occupazione di marzo. Il tasso di assunzioni a lungo termine rimane stabile a circa 150.000 unità al mese grazie alla creazione di 228.000 posti di lavoro. Con la battuta d’arresto dei flussi migratori registrata a partire dallo scorso anno, questi sono più che sufficienti ad assorbire i nuovi entranti nella forza lavoro e a mantenere il tasso di disoccupazione stabile intorno al 4%. Si tratta di un dato superiore a quello registrato durante il surriscaldamento seguito alla pandemia, ma comunque molto basso in termini storici.

Le iniziative prese dall’amministrazione per ridurre il numero di dipendenti pubblici sembrano dare frutti, poiché l’occupazione federale è diminuita per tre mesi consecutivi. Oltre a questo, le dinamiche fondamentali del mercato del lavoro rimangono invariate, con un ruolo di traino giocato dalla sanità. L’alto livello delle assunzioni e la discreta crescita dei salari contribuiscono nel loro insieme a mantenere in territorio positivo il tasso di crescita degli stipendi delle famiglie statunitensi (cfr. Grafico).

La crescita delle paghe delle famiglie USA continua a superare l’inflazione
Variazione percentuale anno su anno
La crescita delle paghe delle famiglie USA continua a superare l’inflazione

L’analisi storica non è garanzia di risultati futuri.
Fino al 31 marzo 2025
Fonte: LSEG, Datastream

Diversi tagli dei tassi probabili nel 2025... se l’inflazione rimane sotto controllo

Per il momento ci aspettiamo che la Federal Reserve continuerà a prendere decisioni sulla base dei dati. Se l’economia rallenta, come prevediamo, la Fed sarà incline a ridurre i tassi anche se i livelli dei prezzi sono elevati. L’idea è che l’inflazione effettiva sia indicativa dell’andamento passato dell’economia, non del suo andamento futuro. Già in passato la Fed ha tagliato i tassi con un’inflazione elevata e prevediamo che lo rifarà, a meno che (e questa è una grande incognita) le aspettative d’inflazione non diventino disancorate.

Un aumento dell’inflazione attesa, non di quella effettiva, è proprio ciò che ha caratterizzato lo shock inflazionistico degli anni 1970 e che lo ha reso persistente. La Fed ha fatto tesoro di quell’esperienza e le recenti dichiarazioni del Presidente Jerome Powell chiariscono che le aspettative d’inflazione sono la variabile fondamentale da monitorare in questo momento. La stragrande maggioranza degli indicatori, compresi quelli di mercato (cfr. Grafico), mostra che le aspettative d’inflazione rimangono ancorate, con l’unica notevole eccezione dell’indagine condotta dalla University of Michigan.

Le aspettative d’inflazione del mercato rimangono ancorate
Differenziale di rendimento tra i Treasury USA e i TIPS a 10 anni (percentuale)
Le aspettative d’inflazione del mercato rimangono ancorate

L’analisi storica non è garanzia di risultati futuri.
Al 4 aprile 2025
Fonte: LSEG, Datastream

Se le aspettative rimangono ben ancorate, la Fed riuscirà a ridurre i tassi d’interesse e a sostenere l’economia. Ci aspettiamo tagli dei tassi per un totale di 75 pb nel resto del 2025, a partire dall’estate. Riteniamo più probabili riduzioni superiori, anziché inferiori, a tale livello. Alla fine di questo ciclo il tasso di policy sarà sceso probabilmente al di sotto del 3,0%, un livello che dovrebbe stimolare la crescita economica.

I mercati continueranno a fare i conti con le mutevoli implicazioni delle guerre commerciali. Al momento l’entrata in vigore di dazi più pesanti (ad eccezione della Cina) sembra improbabile, ma prevediamo ulteriori cambiamenti sul fronte della politica commerciale. La mancanza di prevedibilità, di processo e di trasparenza nella formulazione delle politiche economiche sono dannose e indurranno probabilmente le famiglie e le imprese a limitare l’attività, con ricadute negative sulla crescita. L’impatto non è ancora visibile nei dati economici. Ne consegue che non possiamo ancora mettere la parola fine a questa storia.

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