Mettere in collegamento il rendimento obbligazionario medio ponderato e il target d’inflazione potrebbe rivelarsi per la BCE un modo per giustificare i propri acquisti di obbligazioni e la propria volontà di tenere bassi i rendimenti delle obbligazioni periferiche. Tale approccio potrebbe inoltre essere un modo per l’istituto di introdurre un controllo più esplicito della curva dei rendimenti nell’area euro.
L’impegno a fare “tutto il necessario” non è venuto meno
Da quando Mario Draghi ha promesso di fare “tutto il necessario per salvare l’euro”, la volontà della BCE di sottoscrivere i titoli di Stato di tutti i paesi dell’Eurozona ha dominato le prospettive dei mercati a reddito fisso europei e continua a farlo ancora oggi, nonostante i segnali di progresso sul fronte di un Fondo europeo per la ripresa.
La buona notizia è che l’impegno della BCE rimane forte come lo era otto anni fa. Il suo duplice mandato risentirà di tensioni solo qualora i bassi rendimenti obbligazionari entrassero in conflitto con il target d’inflazione stesso. Dato che le ultime previsioni della BCE stimano un’inflazione di fondo di appena lo 0,9% nel 2022 – giustificando un’ulteriore azione di stimolo verso la fine dell’anno – si tratta di una prospettiva molto remota.
I titoli di Stato europei rimangono interessanti
In una fase in cui le banche centrali stanno ancorando i rendimenti attorno al tasso di riferimento e riducendo la volatilità, sopprimendo così il potenziale di rendimento dei titoli sovrani, la disponibilità della BCE a sostenere i mercati obbligazionari periferici continua a favorire il panorama obbligazionario europeo.
Con il passaggio della BCE dall’ancoraggio dei rendimenti obbligazionari tedeschi alla riduzione del rendimento medio ponderato dell’Eurozona mediante la compressione degli spread sovrani, le curve dei rendimenti dei titoli di Stato europei si sono irripidite e offrono rendimenti con copertura più elevati rispetto alla maggior parte degli altri mercati sviluppati. In un mondo caratterizzato da una minore volatilità, queste caratteristiche rendono le obbligazioni sovrane europee molto interessanti per gli investitori globali.
Il segmento che reputiamo più convincente è quello dei titoli di Stato decennali o con scadenze più brevi, perché il potere dei principali strumenti della BCE, ovvero il tasso negativo sui depositi e il quantitative easing, svanisce sulle scadenze più lunghe, soprattutto se il mercato si aspetta un’offerta obbligazionaria decisamente più elevata. È probabile che tale offerta crei una pressione al rialzo sulle scadenze più lunghe e mantenga più ripide le curve dei rendimenti a lungo termine.
Con i rendimenti obbligazionari globali e la volatilità prossimi ai minimi storici, il periodo migliore per investire in titoli di Stato è probabilmente trascorso. Permangono tuttavia diverse opportunità per gli investitori attivi, tra cui quelle offerte dai rendimenti relativamente elevati ancora disponibili nella periferia dell’Eurozona, specialmente nella nuova era dei tetti al rendimento e del controllo della curva dei rendimenti.