Prepararsi a una nuova era per le politiche USA
Il mutamento dei pattern di rendimento rispecchia un mondo in divenire. Lo stress geopolitico resta elevato, con le guerre ancora in corso in Ucraina e Medio Oriente e il crollo del regime siriano a dicembre. Nel 2024 si sono tenute elezioni in oltre 70 Paesi. La vittoria di Trump a novembre ha segnato una svolta storica nella politica statunitense con enormi conseguenze per Paesi, imprese e investitori in tutto il mondo.
La direzione di questo mutamento politico è stata espressa chiaramente dal presidente eletto: aumento dei dazi e riduzione di tasse, regolamentazione e sussidi sono tra gli elementi chiave delle sue politiche economiche. La previsione è quella che Trump apporti alcuni cambiamenti già dal primo giorno alla Casa Bianca tramite ordini esecutivi. Nonostante i Repubblicani controllino sia Congresso che presidenza, però, per formulare e tradurre in legge i dettagli di molte politiche ci vorrà del tempo.
Una maggiore inflazione significa che gli investitori avranno bisogno dei titoli azionari
Sebbene l’agenda sia ancora in fase di definizione un esito appare chiaro: il mix di politiche proposto porterà verosimilmente a un’espansione del deficit federale e a un’inflazione più alta di quanto auspicato negli Stati Uniti. Nei mercati finanziari questa previsione è rispecchiata da rendimenti obbligazionari USA in crescita e da un irripidimento della curva dei rendimenti dei Treasury.
Un contesto caratterizzato da un’inflazione potenzialmente più persistente rafforza a nostro avviso la necessità di mantenere un’esposizione significativa all’azionario. I nostri studi dimostrano che le azioni sono riuscite a sovraperformare il tasso d’inflazione, ovvero a offrire rendimenti reali positivi, per oltre un secolo. Gli investitori che si sono preparati a una decelerazione dell’economia, dunque, potrebbero valutare la possibilità di posizionarsi per una possibile accelerazione della crescita USA e per il rischio che la Fed non riesca a riportare l’inflazione al livello target del 2,0% nel prossimo anno; l’indice dei prezzi al consumo USA è sceso dal picco del 9,1% di giugno 2022 fino al 2,6% di ottobre 2024.
L’outlook per l’inflazione apporta ulteriore incertezza all’evoluzione della politica monetaria USA. Il 18 dicembre l’azionario USA ha subito un brusco calo nel corso di una seduta volatile dopo che la Federal Reserve ha segnalato che nel 2025 potrebbe tagliare i tassi d’interesse più lentamente del previsto.
Le politiche di Trump potrebbero inoltre portare a una maggiore divergenza economica a livello globale. L’incremento dei dazi può frenare la crescita, specialmente in Cina e in Europa. Se gli Stati Uniti riducessero il proprio sostegno alla NATO e facessero pressione sui Paesi membri affinché spendano di più, ciò a nostro parere peserebbe su debito e disavanzo di bilancio in tutta Europa.
Come valutare i titoli azionari con il mutamento delle politiche
Gli investitori devono fare i conti con un gran numero di sfide. Innanzitutto i dettagli di questo mutamento politico sono difficili da prevedere. In secondo luogo è possibile che le forze macroeconomiche che potrebbero scatenarsi agiscano in maniera diversa tra un’area geografica e l’altra. Terzo, per comprendere gli effetti di questi cambiamenti su risultati e utili delle imprese ci vorrà del tempo.
In che modo possono prepararsi dunque i gestori di portafoglio? La chiave, a nostro giudizio, è concentrarsi sui fondamentali delle singole società. Anche quando i cambiamenti hanno un’origine top-down (ovvero politica), svolgere ricerche bottom-up per valutare i possibili effetti sulle diverse società può aiutare a distinguere le aziende vulnerabili da quelle ben posizionate per trarre vantaggio dai nuovi sviluppi.
Case study: prepararsi all’aumento dei dazi
Le tariffe sono un esempio emblematico. A novembre Trump ha annunciato piani per imporre un dazio del 25% su tutte le importazioni da Canada e Messico dopo il suo insediamento, minacciando anche di incrementare le tariffe doganali sui beni cinesi dai livelli attuali. Dal momento che i dazi possono essere imposti tramite ordini esecutivi i dettagli, con ogni probabilità, verranno svelati non appena Trump entrerà in carica. Dal primo mandato del tycoon i dazi sono aumentati, sebbene da un livello di partenza storicamente basso.
I dazi, di primo acchito, sembrano favorire le imprese statunitensi e penalizzare le loro rivali estere. La realtà è decisamente più complessa.
Nuovi dazi incentiverebbero le aziende statunitensi a riportare la produzione entro i confini nazionali; ma le imprese che fanno affidamento su fornitori esteri, nell’immediato, potrebbero dover fare i conti con aumenti dei costi fino a che non avranno portato a termine il “reshoring” delle proprie attività fondamentali. Le aziende cinesi sembrano vittime ovvie dei nuovi dazi. Eppure le nostre ricerche mostrano che nonostante a partire dalla prima ondata di dazi nel 2018 le importazioni statunitensi dalla Cina siano diminuite, le esportazioni cinesi verso il resto del mondo sono cresciute. Ciò è dovuto al fatto che molte imprese cinesi hanno riconfigurato le proprie catene di fornitura trasferendo la produzione in Messico e in Vietnam.
Al contempo molte società globali con sedi negli Stati Uniti potrebbero trarre vantaggio dai dazi. Tra queste vi sono case automobilistiche e aziende di elettronica e beni di consumo europee e giapponesi con una forte presenza dal punto di vista produttivo negli Stati Uniti.
Qual è, insomma, il morale della favola? Che fare ipotesi generali sugli effetti di nuove politiche sulle aziende è rischioso. Le imprese statunitensi e globali che hanno affrontato abilmente i dazi del passato e la pandemia riconfigurando le proprie catene di fornitura saranno meglio posizionate per far fronte alle nuove tariffe doganali. E per individuare davvero i rischi e le opportunità creati dai dazi, a un analista occorre una solida comprensione del posizionamento competitivo, della struttura aziendale e delle competenze gestionali dell’azienda in questione. In tal modo i team d’investimento possono valutare in tempo reale il possibile effetto dei dazi sull’evoluzione a lungo termine di utili e rendimenti, modificando di conseguenza tassi di attualizzazione e posizioni in portafoglio.
Le politiche “America first” non trasformeranno le imprese USA più deboli
Dal momento che l’agenda politica di Trump mira a mettere al primo posto l’America non sorprende che, stando alle previsioni, le azioni USA siano destinate a prosperare.
Ma guardare all’intero mercato statunitense con eccessivo ottimismo sarebbe un errore. Prendiamo ad esempio le politiche fiscali. Sì, ridurre le imposte sulle imprese (come promesso da Trump) vuol dire più ricavi per tutte. Ma minori tasse non trasformano una società debole in una di qualità. I tagli delle tasse, semmai, consentono alle aziende più solide di rafforzare ulteriormente la propria posizione, specialmente in settori altamente competitivi.
I possibili tagli dei sussidi, allo stesso modo, potrebbero produrre effetti inaspettati. Anche se la nuova amministrazione dovesse autorizzare un incremento delle attività di trivellazione per estrarre combustibili fossili, i sussidi ai progetti legati alle energie rinnovabili non sparirebbero dall’oggi al domani; alcuni hanno infatti portato alla creazione di posti di lavoro in Stati repubblicani. Il sostegno di Trump allo sviluppo infrastrutturale potrebbe far sì che determinati sussidi dell’era Biden rimangano in vigore.
L’impatto delle politiche sui rendimenti azionari può essere sorprendente. Di fatto le azioni USA dei settori energia, finanza e beni industriali hanno sottoperformato nel corso del primo mandato di Trump per poi mettere a segno le migliori performance durante quello di Biden (v. grafico). I titoli del settore sanitario hanno evidenziato performance leggermente migliori nel corso della prima amministrazione Trump che durante quella di Biden.