I progressi della tecnologia possono tenere a bada l’inflazione?

07 settembre 2021
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La tecnologia avanza a un ritmo sostenuto, esercitando sui prezzi una pressione al ribasso. Sarà sufficiente questo impatto deflazionistico a compensare l’effetto di un nuovo regime di inflazione più elevata? Non necessariamente, a guardare l’esperienza del passato.


Molti potrebbero sostenere che la tecnologia stia registrando progressi molto più rapidi che in qualsiasi altro periodo della storia, ma non è questa la sede adatta per discutere della correttezza di questa affermazione. Dopo tutto, dall’inizio della Rivoluzione industriale in poi qualsiasi epoca si voglia scegliere è sempre stata caratterizzata da una serie di nuove invenzioni. Non c’è dubbio, tuttavia, che il cambiamento tecnologico si ripercuote sui prezzi in numerose aree.

I cambiamenti strutturali sono sempre più importanti

Nonostante questi cambiamenti legati alla tecnologia pervadano ogni aspetto della nostra vita, stanno tuttavia assumendo sempre più importanza alcune forze strutturali più lente che esercitano sull’inflazione una spinta al rialzo. Ciò è dovuto in parte al fatto che due importanti forze deflazionistiche – la crescita demografica e la globalizzazione – hanno raggiunto un punto di inflessione. Non va poi dimenticato il ruolo svolto in tal senso dalle pressioni populiste, le quali condurranno probabilmente all’adozione di politiche che alterano l’equilibrio di potere all’interno dell’economia, in particolare tra lavoro e capitale: la riforma del salario minimo, tanto per citare un esempio. Se a questo si aggiunge l’urgenza di affrontare la questione del cambiamento climatico, sussistono tutte le condizioni per un progressivo aumento dell’inflazione mentre i governi andranno concentrandosi su questioni più pressanti.

Dubitiamo che la transizione tecnologica possa da sola compensare il peso combinato di questi altri fattori che spingono invece nella direzione opposta.

La tecnologia non ha determinato il livello generale dei prezzi in passato

Un’indicazione in tal senso viene dalle rivoluzioni tecnologiche del passato, che non sempre hanno condotto a un calo del livello generale dei prezzi. Durante la prima rivoluzione industriale, ad esempio, il livello generale dei prezzi nel Regno Unito aumentò bruscamente in concomitanza con la sospensione, da parte del governo britannico, della convertibilità della carta moneta in oro tra il 1797 e il 1821. Questo rialzo allora si è verificato nonostante l’intensa pressione al ribasso sui prezzi di alcune materie prime (cfr. Grafico in alto a sinistra) e un andamento analogo si è ripetuto anche adesso, negli ultimi anni, quando nel Regno Unito l’inflazione si è portata vicino al target del 2% nonostante la significativa flessione dei prezzi legati alla tecnologia (cfr. Grafico a destra).

Per fare un altro esempio, il livello dei prezzi negli Stati Uniti fece registrare un calo del 14,5% tra il 1920 e il 1929 (con un tasso d’inflazione medio del -1,6%). Sebbene alcuni osservatori abbiano collegato questa flessione all’elettrificazione e ad altri progressi tecnologici, in realtà l’intera riduzione del livello dei prezzi negli anni ‘20 del Novecento è avvenuta nell’arco di due soli anni, ovvero a cavallo tra il 1920 e il 1921. Il calo dei prezzi in questo periodo non può quindi essere attribuito alla tecnologia, ma a un tentativo tardivo di contenere l’inflazione esplosiva del dopoguerra.

Le marcate flessioni dei prezzi registrate negli Stati Uniti durante i primi anni ‘20 sono state rilevate anche in altri paesi. Nel Regno Unito, ad esempio, il livello generale dei prezzi scese del 26% tra il 1920 e il 1923 mentre il governo si preparava al ritorno al sistema aureo prebellico. Alcuni paesi scelsero invece una strada differente, con risultati radicalmente diversi sul fronte dell’inflazione. Germania, Austria e Ungheria, ad esempio, continuarono a stampare moneta dopo la guerra, scatenando devastanti fenomeni di iperinflazione.

Il regime politico è cruciale per l’andamento dell’inflazione

Bisogna ammettere che gli Stati Uniti furono all’avanguardia dei progressi tecnologici che caratterizzarono la cosiddetta Età del Jazz (1918-1928), e quindi ne trassero vantaggi maggiori. Non furono tuttavia il solo paese a beneficiare della diffusione di queste innovazioni. Data l’esperienza tecnologica comune, una spiegazione molto più plausibile dell’ampia diversità di esiti inflazionistici va ricercata anche nel regime politico.

Questa volta la situazione sarà diversa? Non intendiamo negare che i progressi tecnologici continueranno a spingere al ribasso l’inflazione, ma è così fin dalla Prima rivoluzione industriale e l’evidenza da allora suggerisce senza ombra di dubbio che la tecnologia può influenzare, ma non invertire, la tendenza dell’inflazione. Per contro, è il regime politico sottostante a determinare in modo decisivo l’andamento dell’inflazione nel lungo termine, e la direzione di marcia, almeno dal nostro punto di vista, sembra ora molto chiara.

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