Perché la volatilità spesso prelude a un rialzo dell’azionario dei ME?

19 maggio 2025
2 min read
| Head—Emerging Markets Equities
I momenti di grande paura hanno innescato una sovraperformance dei mercati emergenti
I momenti di grande paura hanno innescato una sovraperformance dei mercati emergenti

Le performance passate e l’analisi del contesto attuale non sono garanzia di risultati futuri.
*In dollari USA
Grafico a sinistra all’8 aprile 2025; grafico a destra al 31 marzo 2025
Fonte: Bloomberg, Cboe Global Markets, MSCI, S&P e AllianceBernstein (AB)

L’azionario dei mercati emergenti (ME) potrebbe non sembrare una scelta ovvia per un investitore ansioso durante una guerra commerciale. Tuttavia, i dati storici suggeriscono che i picchi di volatilità del passato hanno creato spesso occasioni favorevoli per investire in azioni dei mercati emergenti.

Il programma di dazi del Presidente Donald Trump ha alimentato una straordinaria volatilità sui mercati. Dal momento che molti paesi emergenti esportano volumi significativi di merci verso gli Stati Uniti, si potrebbe pensare che l’azionario emergente ne avrebbe in special modo risentito. Tuttavia, dall’inizio di quest’anno al 16 maggio, l’MSCI Emerging Markets Index aveva guadagnato il 10,0% in dollari USA, a fronte del rialzo di appena l’1,8% messo a segno dall’S&P 500. A nostro avviso, questo indica che le notizie sfavorevoli relative ai dazi erano state in gran parte già scontate nelle quotazioni degli asset emergenti, mentre per le azioni statunitensi si è reso necessario un aggiustamento maggiore.

Comprendere il fattore paura

A ben vedere, l’indice dei mercati emergenti è salito del 18,4% dal punto di minimo toccato il 9 aprile in seguito alla spiccata volatilità innescata una settimana prima dagli annunci di Trump sui dazi. Questo andamento, secondo noi, non è del tutto sorprendente, perché i dati storici suggeriscono che i listini dei mercati emergenti hanno registrato valide performance dopo un periodo di forte turbolenza sui mercati.

Il VIX Index, che misura la volatilità del mercato azionario statunitense, è noto anche come indice della paura. Abbiamo esaminato i rendimenti registrati dai mercati a fronte di diversi livelli toccati dal VIX a fine mese a partire dal dicembre 2000. Valori estremi del VIX sono poco comuni; nel periodo di 24 anni analizzato l’indice è risultato superiore a 40 punti a fine mese solo nove volte.

Nei casi in cui il VIX ha chiuso il mese a un livello compreso tra 40 e 50 – segnalando un clima di forte ansia – le azioni dei mercati emergenti hanno prodotto un rendimento medio di oltre il 64% nel successivo periodo di 12 mesi, ben superiore a quello dei mercati azionari sviluppati. Nelle fasi di volatilità ancora maggiore, quando l’indice ha superato quota 50, nei 12 mesi successivi i listini dei mercati emergenti hanno espresso performance persino migliori, archiviando in media un rendimento del 69,2% e ampliando il divario con gli omologhi dei mercati sviluppati, che hanno reso il 34,7%.

Sembra controintuitivo, soprattutto perché l’azionario dei mercati emergenti è comunemente percepito come più rischioso di quello dei mercati sviluppati. Come si può spiegare, quindi, questa osservazione? A nostro avviso, il fenomeno è da ricondurre alle dinamiche psicologiche dei mercati. Spesso questi ultimi reagiscono in modo scomposto alle brutte notizie, che vengono così scontate nelle quotazioni. Quando il VIX raggiunge livelli estremamente elevati, questo indica, a nostro avviso, che gli investitori temono il peggio. Spesso, però, il futuro si rivela migliore degli scenari peggiori.

Cosa si prospetta adesso?

Quest’anno, il fattore paura è alimentato da un clima di reale incertezza, poiché gli investitori stentano a valutare gli effetti macro e micro dei dazi sulle economie e sulle imprese. A causa dei ripensamenti pressoché quotidiani di Trump sulle politiche economiche, per le aziende e gli investitori azionari è particolarmente difficile formulare previsioni sugli utili. Una recessione non è da escludersi, e i dazi potrebbero aumentare.

Nelle ultime settimane, il livello estremo di rischio è rientrato grazie alla distensione dei toni sul fronte della guerra commerciale. Tuttavia, siamo del parere che l’impennata della volatilità del mese di aprile sottolinei l’importanza di attenersi a una strategia di investimento a lungo termine e di capire quando è il momento di affrontare le sfide a testa bassa. Per gli stessi motivi per cui resistere all’incertezza di aprile si è dimostrato redditizio, siamo convinti che le prospettive per l’azionario emergente, a oggi sottopesato nei portafogli degli investitori, siano ancora sottovalutate.

Nessuno può dire come andrà a finire la guerra commerciale. Un suo allargamento potrebbe produrre effetti che non abbiamo mai visto nella nostra carriera di investitori. Tuttavia, sappiamo che è quasi impossibile prevedere i punti di svolta del mercato e che restando investiti si hanno maggiori chance di successo sul lungo termine. Chi sceglie una strategia d’investimento nei mercati emergenti che privilegia le società con fondamentali solidi e in grado di resistere alle pressioni dei dazi potrebbe essere premiato per la sua pazienza e perseveranza quando le acque si saranno calmate.

Le opinioni espresse nel presente documento non costituiscono una ricerca, una consulenza di investimento o una raccomandazione di acquisto o di vendita e non esprimono necessariamente le opinioni di tutti i team di gestione di portafoglio di AB. Le opinioni sono soggette a modifiche nel tempo.

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