La strategia della BCE: il PEPP è ormai al capolinea?

30 settembre 2021
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A dicembre la Banca Centrale Europea (BCE) potrebbe annunciare la conclusione, a partire dal prossimo marzo, del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (PEPP). Ma in che modo la banca centrale gestirà il processo? E cosa significherà per i rendimenti obbligazionari nell’eurozona?

Negli ultimi anni, la BCE ha fatto ampio uso del quantitative easing per sostenere l’economia, le banche e i prezzi degli asset dell’area euro. Ad oggi, sono in essere due programmi distinti con scopi piuttosto diversi:

Il Programma di acquisto di asset (APP), dapprima introdotto nel 2014 e poi riavviato a settembre 2019, mira a mantenere i tassi di interesse negativi della BCE e aiutare a controbilanciare i rischi deflattivi. L’APP acquista €20 miliardi al mese ed è destinato a concludersi “poco prima” che la BCE inizi ad alzare i tassi di interesse.

Il PEPP, lanciato a marzo 2020 per controbilanciare i rischi di ribasso dei prezzi dovuti alla pandemia di COVID-19, differisce dall’APP per due importanti ragioni. Innanzitutto il ritmo degli acquisti mensili è flessibile e subordinato all’obiettivo principale del programma, ossia preservare “condizioni di finanziamento favorevoli”. A tal fine la BCE ha incrementato il ritmo passando da €60 miliardi nel primo trimestre a €80 miliardi nel secondo e nel terzo, e mira a “ridurre moderatamente” il ritmo nel quarto. La seconda differenza rispetto all’APP è che il PEPP è destinato a durare solamente fino a quando la pandemia peserà sull’andamento dell’inflazione.

Quali sono i requisiti necessari per ridurre il PEPP?

Quando la BCE sarà in grado di stabilire che la fase di crisi si è conclusa?

Anche se la variante delta del coronavirus ha in un certo senso ridimensionato le prospettive, negli ultimi mesi l’economia è migliorata rapidamente e prima della riunione di dicembre la BCE dovrebbe avere dati sufficienti per confermare la chiusura del PEPP il prossimo marzo. Di fatto, le previsioni di settembre della banca centrale indicano una minore necessità di stimoli monetari d’emergenza:

  • La BCE prevede che nei prossimi trimestri l’output rimbalzerà a un livello vicino a quello pre-pandemia (Grafico sotto a sinistra) e che il divario andrà a chiudersi nel 2023.
  • L’inflazione core dovrebbe raggiungere quota 1,5% nel 2023. Si tratta dello stesso livello previsto a settembre 2019 dalla BCE per l’inflazione core 2021, ma con una traiettoria molto diversa: l’inflazione è ora in salita, non in discesa (Grafico, destra).



La ripresa economica, tuttavia, non comporta un’interruzione totale degli acquisti di asset da parte della BCE. Poiché l’inflazione è ancora distante dal target, un incremento dei tassi rimane un’eventualità piuttosto lontana e la BCE potrebbe acquistare obbligazioni tramite l’APP ancora per qualche tempo.

Ricalibrare il ritmo degli acquisti dell’APP

Prevedere in che modo la BCE definirà il volume di acquisti di asset tramite l’APP una volta concluso il PEPP non è cosa semplice.

Una possibilità è utilizzare come riferimento il mese di settembre 2019. Quando la BCE ha riavviato l’APP nel 2019, l’economia era in fase di rallentamento, i rischi erano orientati al ribasso e la banca centrale aveva ridotto le sue previsioni per l’inflazione core 2021 all’1,5%, dall’1,8% all’inizio dell’anno. Oggi l’economia sta accelerando, i rischi sono ritenuti in linea generale bilanciati e la BCE ha alzato le previsioni per l’inflazione core 2023 all’1,5% (dall’1,2% all’inizio dell’anno). Le aspettative inflazionistiche sono inoltre ben superiori ai livelli di settembre 2019: l’inflation swap a 5 anni su un orizzonte quinquennale si attesta all’1,75%, superiore di circa 50 pb.

Sulla base di questi numeri, è difficile ipotizzare un incremento nel ritmo dell’APP rispetto a settembre 2019. Ma in due anni molte cose sono cambiate. Non solo la BCE ha alzato il suo obiettivo d’inflazione al 2% ufficializzandone la natura simmetrica, ma ha anche sottolineato la necessità che la politica monetaria sia più “persistente” quando i tassi di interesse sono vicini al loro limite effettivo inferiore. Il Consiglio direttivo ha inoltre modificato il focus del PEPP, allontanandolo dal volume di acquisti e portandolo verso il mantenimento di condizioni finanziarie favorevoli.

È giunta l’ora della “dominanza fiscale”

Un’ultima considerazione sul tema dell’andamento della politica riguarda l’entità dei deficit fiscali. Nel 2019, l’eurozona presentava un deficit di bilancio pari allo 0,6% del PIL e nel 2020 la BCE si aspettava un deficit dello 0,8% (di poco inferiore a €100 miliardi); la scorsa settimana, la BCE ha previsto un deficit del 3% (circa €390 miliardi) per il 2023. Come ha recentemente rilevato il Chief Economist della BCE Philip Lane: “non si può pensare al volume dell’APP indipendentemente dal volume dell’offerta obbligazionaria netta”, una dichiarazione che si avvicina pericolosamente ad ammettere che è giunto il momento della dominanza fiscale.

Implicazioni per i mercati finanziari

Quali sono le conseguenze?

Se confrontiamo le condizioni economiche di oggi con quelle di settembre 2019, possiamo notare una netta riduzione del ritmo degli acquisti di asset della BCE per il prossimo anno (un ritorno a €20 miliardi al mese). Ma il continuo scarto dell’inflazione rispetto al target, la necessità di coerenza e il rischio di spaventare i mercati obbligazionari richiedono un aggiustamento più graduale (circa €40-50 miliardi al mese).

Ci sono altri motivi che inducono alla prudenza. Oltre al fatto che il possibile ampliamento degli spread nei Paesi non core dell’eurozona mette la BCE in una posizione unica tra le banche centrali, vale anche la pena rilevare che le aspettative inflazionistiche sono calate rapidamente l’ultima volta che il Consiglio direttivo ha cercato di ridurre gli acquisti di asset (Grafico a sinistra, sotto).



Individuiamo inoltre solide giustificazioni per rendere il ritmo degli acquisti dell’APP flessibile e subordinato alle condizioni di finanziamento idonee (in altre parole, una forma soft di controllo della curva dei rendimenti). Ma qualunque sia il percorso scelto dalla BCE, il punto chiave è che il contesto economico sta migliorando. Questo non significa che la BCE adotterà un approccio aggressivo o abbandonerà l’orientamento verso condizioni monetarie fortemente accomodanti; dopo molti anni di mancato raggiungimento dell’obiettivo di stabilità dei prezzi, le prospettive inflazionistiche sono ancora troppo deboli.

Significa però che il livello dei rendimenti obbligazionari necessario per fornire condizioni di finanziamento idonee sta iniziando ad aumentare (Grafico sopra, a destra). E mentre il Consiglio direttivo diviene più ottimista in merito alle prospettive economiche, potrebbe iniziare a guardare con favore a un moderato rialzo dei rendimenti. I rendimenti dei bund decennali continueranno a muoversi in un intervallo compreso tra -0,25% e 0,00% nei prossimi mesi, e in un intervallo leggermente superiore successivamente (da 0,00% a 0,50%).

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