La complessa transizione ESG verso le rinnovabili

18 novembre 2021
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L’impennata dei prezzi dell’energia mette in luce le difficoltà insite nel passaggio alle fonti rinnovabili. Il continuo bisogno di petrolio e gas durante la fase di transizione solleva complessi interrogativi in merito alla possibilità di contemperare esigenze ambientali e preoccupazioni sociali lungo la strada che porta all’azzeramento delle emissioni nette.

Oggi il settore dell’energia genera circa tre quarti delle emissioni di gas serra. È evidente che le fonti rinnovabili sono l’unica soluzione efficace a lungo termine al problema del riscaldamento globale. Nel frattempo, tuttavia, l’impennata dei prezzi dell’energia (cfr. Grafico in basso) sta pesando su imprese e consumatori.

Mantenendo le attuali tendenze, questi picchi di prezzo si ripeterebbero. Se le autorità politiche e gli investitori non riescono ad attuare una pianificazione strategica del percorso verso un mondo basato sulle rinnovabili, sarà difficile raggiungere la destinazione finale degli accordi di Parigi, ossia azzerare le emissioni nette di carbonio entro il 2050 e limitare l’aumento delle temperature globali a 1,5°C per scongiurare una catastrofe climatica.



Da cosa è causata l’attuale crisi energetica? Con il ritorno al lavoro post-pandemia, la domanda mondiale è aumentata bruscamente, creando una tempesta perfetta. Tuttavia, a causa di condizioni meteorologiche insolite, le fonti rinnovabili non hanno funzionato come previsto, mentre le forniture di idrocarburi hanno risentito delle interruzioni delle filiere globali. L’avversione degli investitori per i combustibili fossili come il petrolio e il carbone è solo un fattore secondario nell’attuale impennata dei prezzi, che dovrebbe attenuarsi il prossimo anno al venir meno di una serie di problemi temporanei. Dato, però, che azionisti e stakeholder premono sulle imprese energetiche per indurle a limitare gli investimenti in petrolio e gas, i problemi di oggi sono probabilmente solo un assaggio di ulteriori crisi future.

Il quadro di domanda e offerta è destinato a peggiorare

Per evitare tali crisi, il mondo deve assicurare un ragionevole equilibrio tra domanda e offerta di energia durante la transizione. Sul fronte della domanda, il consumo di energia tende di solito ad aumentare in linea con la crescita della popolazione e del PIL globale. Entro il 2050 la popolazione mondiale potrebbe aumentare di due miliardi di persone e le dimensioni dell’economia mondiale potrebbero raddoppiare (secondo le stime elaborate nel 2019 dal Dipartimento delle Nazioni Unite per gli affari sociali ed economici). In questo contesto, l’azzeramento delle emissioni nette di carbonio entro il 2050 richiede un aumento considerevole della capacità di generazione da fonti rinnovabili, progressi sostanziali sul fronte dell’efficienza energetica e cambiamenti comportamentali significativi da parte dei consumatori. Anche se la generazione di elettricità da fonti rinnovabili è aumentata notevolmente da una base ridotta, tuttavia, la nuova capacità che viene installata non è sufficiente in termini assoluti a far fronte alle attuali proiezioni di crescita della domanda. I consumatori, dal canto loro, potrebbero opporsi sempre più a rincari e proposte che si ripercuotono negativamente sul loro stile di vita.

I paesi sviluppati sono all’avanguardia nella produzione di energia da fonti rinnovabili, ma secondo l’International Energy Agency (IEA) il mondo sta spendendo per l’energia pulita solo la metà dell’importo necessario. Quanto agli idrocarburi, l’IEA presume che il mondo potrebbe raggiungere l’obiettivo “net zero” entro il 2050 attingendo puramente alle riserve esistenti, a condizione che i tassi di crescita delle fonti di energia pulita rimangano sostenuti. In altre parole, se la spesa per le rinnovabili continua ad essere insufficiente, il mondo si troverà alle prese con una carenza cronica di energia.

L’esplorazione orientata alla ricerca di petrolio e gas è in diminuzione

Ciò è dovuto in parte alla diminuzione degli investimenti in petrolio e gas dettata da considerazioni ambientali, sociali e di governance (ESG).

Gli investimenti in petrolio, gas e carbone evidenziano un andamento sottotono da diversi anni (cfr. Grafico in basso). Le imprese sono chiamate a distribuire liquidità agli azionisti e ad investire nella transizione energetica piuttosto che nei combustibili fossili. Inoltre, gli investimenti nell’energia da idrocarburi hanno tempi di attuazione piuttosto lunghi e non sono stati sufficienti ad assicurare la produzione a medio termine, il che complica ulteriormente la pianificazione della transizione.



Di fatto il mondo sta vivendo delle importanti decisioni d’investimento prese nel settore petrolio e gas prima del calo delle quotazioni petrolifere del 2015. In assenza di cambiamenti, le condizioni sui mercati degli idrocarburi potrebbero diventare ancora più tese, innescando rincari più pronunciati del previsto.

Gli investitori si tengono lontani dal settore energetico per due motivi: primo, i timori ESG percepiti potrebbero condurre a un ulteriore calo delle valutazioni. In effetti, lo scarso supporto per il settore ha spinto le azioni petrolifere su livelli valutativi estremamente bassi, con un rapporto prezzo/free cash flow vicino ai minimi degli ultimi 25 anni (cfr. Grafico in basso). Secondo, un crollo della domanda di idrocarburi può trasformare le riserve inutilizzate in asset non recuperabili privi di valore.

A nostro avviso, quest’ultimo timore è ingiustificato. Crediamo infatti che i titoli energetici siano prevalentemente valutati in base a un’analisi dei cash flow generati dai progetti esistenti; ciò significa che non si attribuisce alcun valore ai campi petroliferi non ancora entrati in produzione. La maggior parte delle compagnie di petrolio e gas dispone di riserve sufficienti per i prossimi 10 anni, un periodo nel quale i combustibili fossili saranno essenziali per un’agevole transizione energetica e un lasso di tempo abbastanza breve per consentire agli investitori in azioni petrolifere selezionate di ottenere rendimenti soddisfacenti. D’altro canto, se l’avversione degli investitori continua a frenare gli investimenti, i prezzi dell’energia rimarranno elevati, favorendo la distribuzione di liquidità agli azionisti.

Contemperare le esigenze ambientali e sociali

Per gli investitori focalizzati sui fattori ESG, il giudizio negativo sulle grandi imprese energetiche è comprensibile alla luce del danno ambientale provocato dai combustibili fossili. Tuttavia, date le dinamiche della transizione verso le fonti rinnovabili, crediamo che si debba prendere in considerazione anche la dimensione sociale.

Un deficit cronico di energia penalizzerebbe soprattutto le persone e i paesi a basso reddito. Ad esempio, se l’irrigazione nei paesi poveri viene interrotta dalla mancanza di energia, acqua e cibo tenderanno a scarseggiare. Nei paesi sviluppati, un’impennata dei prezzi potrebbe costringere le persone di pochi mezzi a scegliere tra l’acquisto di cibo e il riscaldamento della casa.

Le autorità avranno difficoltà a convincere la cittadinanza della bontà della transizione energetica se le persone soffrono e le imprese chiudono a causa degli alti costi dell’energia. Per quanto tempo i politici potranno evitare una reazione avversa degli elettori? Come ha scritto l’IEA: 

“Non si può conseguire la completa trasformazione del settore energetico senza la partecipazione attiva e spontanea dei cittadini. Sono le persone, in definitiva, che determinano la domanda di beni e servizi legati all’energia, e le norme sociali e le scelte personali giocheranno un ruolo chiave nell’indirizzare il sistema energetico verso una traiettoria sostenibile.”

Allargare la prospettiva per trovare soluzioni pratiche

Di fronte a questo quadro complesso, i governi e gli investitori devono adottare una visione più sfumata delle questioni ESG per contribuire a una transizione credibile verso l’obiettivo “net zero”. Se il percorso è irto di sviluppi negativi a breve termine per la società, sarà difficile raggiungere la destinazione in tempo.

Attualmente, alcune grandi compagnie di petrolio e gas stanno investendo i cash flow generati dagli idrocarburi nello sviluppo di soluzioni basate sulle rinnovabili, comprese le relative infrastrutture come i punti di ricarica dei veicoli elettrici nelle stazioni di servizio. Un altro importante stadio intermedio lungo il percorso è il passaggio dagli idrocarburi più inquinanti, come il carbone, a quelli più puliti, come il gas naturale.

Di conseguenza, riteniamo che le compagnie di petrolio e gas dotate di credibili strategie di transizione energetica siano effettivamente parte della soluzione e meritino maggiore attenzione da parte degli investitori. Inoltre, procedendo nei loro piani di trasformazione aziendale, queste imprese riusciranno a sprigionare valore nei business di nuova generazione, quali fonti rinnovabili e stazioni di ricarica. Il settore degli idrocarburi ha sviluppato un’ampia gamma di competenze in aree cruciali per la transizione energetica. A rigor di logica, questo fa di alcune compagnie di petrolio e gas alleati naturali dei governi e di altri stakeholder (cfr. Grafico in basso).

Per una transizione di successo l’engagement è cruciale

La crisi climatica scatena inevitabilmente reazioni emotive, ma per affrontare un problema di questa entità servono nervi saldi e collaborazione. Come ha osservato il presidente Joe Biden durante la COP26, “L’idea che si riesca a passare all’energia rinnovabile da un giorno all’altro è semplicemente irrazionale.” Una transizione completa verso le rinnovabili richiederà decenni, e nel frattempo i combustibili fossili continueranno a giocare un ruolo fondamentale e necessario, ad esempio, nei trasporti, nell’elettricità e nella produzione di composti chimici.

L’engagement degli investitori sarà determinante per accelerare la transizione. Noi di AB ci relazioniamo regolarmente con le imprese in cui investiamo per capire come stanno affrontando il cambiamento climatico e per invitarle a intraprendere azioni ispirate alle migliori prassi suggerite dalle nostre linee guida, in modo da produrre benefici per la società e per la sostenibilità dei loro cash flow. Tali azioni includono, ad esempio, la riduzione del gas flaring, il controllo delle emissioni e la pianificazione strategica volta ad assicurare il loro futuro a lungo termine in un mondo decarbonizzato.

Per gli investitori è importante anche attuare un engagement con i dirigenti delle aziende nel settore delle rinnovabili. Le soluzioni basate sull’energia pulita –compreso il passaggio ai veicoli elettrici –potrebbero risentire di questioni ESG associate alle imprese operanti lungo le filiere. Dobbiamo assicurarci che anche queste siano gestite in modo responsabile.

Rinunciare a investire o disinvestire dalle compagnie di petrolio e gas ha un costo: gli investitori perdono la possibilità di interagire con i team manageriali e dunque l’influenza necessaria per negoziare esiti migliori con i principali produttori di gas serra e con altre aziende lungo la catena del valore.

Riconsiderare i titoli di petrolio e gas

Nella transizione verso le fonti rinnovabili, l’impennata dei prezzi dell’energia dovrebbe rappresentare a nostro parere un campanello d’allarme. Le questioni ESG hanno di solito una varietà di sfaccettature, e nel caso della transizione energetica globale riteniamo che vi siano profonde complessità ambientali e sociali da integrare in un’analisi degli investimenti. Le compagnie di petrolio e gas dovrebbero essere valutate in base al ruolo che svolgono nel sostenere in modo responsabile la transizione dell’economia mondiale verso fonti energetiche meno inquinanti. Il loro contributo è essenziale per fare in modo che il percorso di transizione sia abbastanza robusto da avere chance realistiche di successo.

Le opinioni espresse nel presente documento non costituiscono ricerca, consulenza di investimento o raccomandazioni di acquisto o di vendita, e non rappresentano necessariamente le opinioni di tutti i team di gestione di AB; tali opinioni sono soggette a revisione nel corso del tempo.