Siamo all'inizio di una corsa verso i fondi sostenibili passivi? È troppo presto per dirlo. I fondi attivi rappresentano ancora la quota preponderante delle masse in gestione investite nell'azionario sostenibile. Sappiamo però che può essere difficile mettere a confronto le strategie attive a causa delle diverse definizioni di sostenibilità e dei diversi processi di investimento. L'evoluzione della normativa ESG, che avrebbe lo scopo di semplificare gli investimenti sostenibili, spesso non fa che alimentare la confusione. Nel valutare le possibili opzioni, crediamo che sia utile esaminare più attentamente i pro e i contro di ciascun approccio.
Il richiamo degli approcci passivi: commissioni e semplicità
Le attrattive degli approcci passivi sono ben note. I portafogli passivi offrono commissioni più basse rispetto a quelli attivi e si basano in genere su una chiara metodologia di costruzione degli indici che dà facile accesso ai rendimenti di mercato. Gli investitori possono facilmente trovare un portafoglio passivo allineato alle loro specifiche preferenze, vista la proliferazione di benchmark specializzati negli ultimi anni.
Per gli investitori interessati alla sostenibilità, la presunta semplicità delle opzioni passive può sembrare un valido antidoto alla confusione suscitata dalla regolamentazione ESG e dalla complessità delle soluzioni attive e delle diverse metodologie. Tuttavia, la semplicità dei portafogli passivi potrebbe essere sovrastimata. Siamo del parere che, in un contesto in rapida evoluzione, gli approcci attivi offrano diversi vantaggi evidenti per i portafogli azionari sostenibili.
Valutazione dei vantaggi degli approcci attivi nell'azionario sostenibile
Ottica prospettica, non retrospettiva. I portafogli passivi, in genere, sono costruiti in modo da replicare un indice. I benchmark, tuttavia, sono intrinsecamente retrospettivi, poiché i loro componenti sono ponderati in base alla rispettiva capitalizzazione di mercato, che riflette le performance passate. Di conseguenza, i titoli dalle ponderazioni maggiori non costituiscono necessariamente le migliori opportunità. A nostro avviso, i gestori attivi sono dotati di strumenti di ricerca più efficaci con i quali individuare opportunità di crescita strutturale ed elaborare previsioni strategiche sulle singole imprese. In tal modo, possono investire in chiave selettiva in aziende sostenibili con profili ESG valutati in un'ottica prospettica e allineati a una strategia di investimento, offrendo al contempo un interessante potenziale di rendimento a lungo termine.
L'analisi fondamentale fornisce un vantaggio sul piano ESG. Le metriche ESG di terzi sono utili, ma hanno difetti ben documentati. I fornitori possono esprimere valutazioni ESG molto diverse su una stessa azienda. Inoltre, le ponderazioni attribuite a ciascuna delle tre componenti ESG possono alterare il risultato; ad esempio, un buon punteggio di governance potrebbe compensare uno scarso punteggio ambientale e presentare un'azienda in una luce molto più favorevole di quanto non meriti (o viceversa).
Le strategie passive ricorrono a questi tipi di rating per la costruzione dei portafogli. Noi crediamo che i rating ESG siano un utile punto di riferimento iniziale, a partire dal quale i gestori attivi possono condurre le proprie ricerche per determinare le credenziali di sostenibilità di un'impresa sulla base di una chiara filosofia di investimento, e decidere come queste si inseriscano in una prospettiva generale di rischio/rendimento.
Azione di engagement per promuovere il cambiamento. I gestori azionari attivi investono di solito in un'ottica di lungo termine e hanno un interesse a dialogare in chiave strategica con i team manageriali delle società partecipate. L'engagement mirato con i dirigenti sulle questioni ESG finanziariamente rilevanti dà ai gestori l'opportunità di influenzare il comportamento delle aziende e promuovere un cambiamento positivo che può generare valore per gli azionisti nel tempo. Crediamo che le interazioni di questo tipo, abbinate a una politica attiva di voto per delega, possano essere più fruttuose per i gestori attivi. Gli investitori passivi possono avere anche loro diritto di voto, ma di solito non hanno gli stessi incentivi a esercitare la propria influenza, data l'ampiezza delle loro esposizioni e la breve durata del periodo di detenzione.
Maggiore diversificazione dei flussi di rendimento. Si è parlato molto del dominio delle cosiddette "Magnifiche sette" sui mercati azionari. In alcuni casi i benchmark incentrati su considerazioni ESG, che i portafogli passivi mirano a replicare, sono ancora più concentrati, soprattutto negli Stati Uniti. Ad esempio, i 10 maggiori titoli dei due principali benchmark ESG di S&P rappresentano oltre il 40% delle ponderazioni dei rispettivi indici, molto più del 31% dei primi 10 titoli dell'S&P 500. I benchmark ESG globali più diffusi sono meno concentrati, ma presentano molti degli stessi titoli tra le loro posizioni più importanti, tra cui quelli di diverse mega cap statunitensi (cfr. Grafico).