Decifrare il piano cinese verso un mondo a zero emissioni

01 giugno 2021
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Il piano della Cina per raggiungere la neutralità carbonica (zero emissioni) entro il 2060 non si limita ad affrontare il cambiamento climatico, ma rivela anche discretamente come Pechino immagina il futuro economico del paese. Con il progredire degli sforzi per generare una crescita più sostenibile, la transizione verso un’economia più verde creerà diverse nuove opportunità d’investimento.

Durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite dello scorso settembre, il presidente Xi Jinping ha annunciato due importanti iniziative ambientali per la Cina. In primo luogo, la seconda economia mondiale si propone di raggiungere il picco delle emissioni di biossido di carbonio (CO2) entro il 2030. In secondo luogo, la Cina attuerà una transizione verso la neutralità carbonica (azzeramento delle emissioni nette di CO2) entro il 2060.



Mancano ancora dettagli completi sulle politiche adottate, ma individuando il punto di arrivo e annunciando l’orizzonte temporale pluridecennale Pechino si è unita di fatto ai crescenti sforzi internazionali per combattere il riscaldamento globale. I sostenitori dell’agenda verde hanno accolto con favore la notizia, poiché la Cina produce più di un terzo delle emissioni globali di CO2. Senza Pechino, il mondo avrebbe difficoltà a mitigare le emissioni di gas serra.

Per gli investitori, le implicazioni sono troppo grandi per essere ignorate. La campagna 2060 della Cina delinea come Pechino immagina l’evoluzione del settore manifatturiero del paese nei prossimi 40 anni. Tuttavia, considerando l’incertezza immediata e la mancanza di chiarezza sulle modalità di attuazione di queste iniziative verdi, gli investitori dovranno prestare molta attenzione ai dettagli man mano che verranno resi noti.

Suona familiare, ma leggermente diverso

I critici avvertono che in passato la Cina non ha mantenuto le sue promesse ambientali. I precedenti tentativi di Pechino di ridurre l’intensità di carbonio si sono spesso rivelati deludenti in periodi di crisi economica. In effetti, durante la pandemia di coronavirus dell’anno scorso, il paese è tornato alle vecchie abitudini, promuovendo la spesa per le infrastrutture pesanti e rimuovendo i limiti all’inquinamento per tenere aperte le fabbriche e scongiurare enormi perdite di posti di lavoro.

Lo scetticismo è giustificato, ma se la guerra della Cina all’inquinamento non è una novità, l’arma che ha scelto è inedita. Questa volta, il governo centrale sembra aver impostato un programma politico calcolato per raggiungere i propri obiettivi. La campagna 2060 estende i poteri decisionali dai ministeri centrali alle amministrazioni statali e cittadine, riflettendo la profondità politica di questa campagna ambientale.

La neutralità carbonica della Cina coincide anche con le sue ambizioni politiche di autosufficienza tecnologica. A fronte dell’aumento dei salari e della riduzione della forza lavoro, la ristrutturazione orientata verso un mix di produzione di energia più verde assume una crescente importanza. Tali ambizioni andranno a permeare tutti i settori, ridefinendo il “made in China” in modo che diventi sinonimo di produzione ad alto valore aggiunto e di indipendenza innovativa dall’Occidente.

Come saranno attuate le politiche di neutralità carbonica?

Benché i dettagli scarseggino, è già possibile farsi un’idea di come potrebbero essere attuate le politiche ambientali cinesi entro il 2030. La crescita economica rimarrà una priorità, ma ci aspettiamo una maggiore spinta politica volta a ridurre l’intensità di carbonio di tale crescita (cfr. Grafico).



Dal nostro punto di vista, le seguenti azioni, intraprese nell’immediato, contribuiranno a definire la strategia pluridecennale in futuro:

  • Limitare le emissioni industriali. La Cina ha già iniziato a ridurre le emissioni dei settori più inquinanti e a chiudere le fabbriche più piccole e meno efficienti.
  • Promuovere l’energia verde. Con la sostituzione dell’attuale infrastruttura per la produzione energetica, saranno incorporate fonti più sostenibili come il solare, l’eolico e l’idrogeno.
  • Facilitare trasporti meno inquinanti. Nonostante la rapida adozione dei veicoli elettrici, la transizione a scapito dei motori a combustione interna non può risolvere completamente i problemi di emissione della Cina, soprattutto se l’elettricità è generata principalmente dalla combustione del carbone.

I percorsi volti a realizzare le ambizioni cinesi per il 2060 sono molteplici; pochi, tuttavia, saranno gli interventi diretti. Molte politiche saranno eseguite in modo indipendente, ma riteniamo che l’agenda verde complessiva di Pechino si ripercuoterà su altre politiche economiche, riflettendo il più ampio impegno del paese a ridurre le emissioni di carbonio.

Porre un freno ai settori altamente inquinanti serve, a nostro avviso, da banco di prova iniziale. Con il comparto industriale che rappresenta il 40% delle emissioni di CO2 cinesi (cfr. Grafico), la riduzione della capacità produttiva legata alla lavorazione del carbone, dell’alluminio o dell’acciaio forniranno indicazioni preliminari su come Pechino intende raggiungere il suo duplice obiettivo ambientale nei prossimi decenni.



La riduzione della capacità produttiva non è affatto un provvedimento politicamente semplice. La sua attuazione è intrisa di difficoltà politiche, poiché la chiusura degli impianti tradizionali rischia di produrre una disoccupazione diffusa. Tuttavia, le autorità sanno a nostro avviso che un rinvio dei tagli alle emissioni di carbonio è inevitabilmente destinato ad accrescere le sfide future.

I freni alla produzione industriale e la ripresa della domanda globale dal crollo causato l’anno scorso dal coronavirus hanno provocato un’impennata della curva dei costi di fornitura delle materie prime. I prezzi dell’acciaio, dell’alluminio e del polietilene sono in aumento, mentre i produttori lavorano continuamente a un uso più efficiente dell’attività di ricerca e sviluppo. Di conseguenza, le aziende leader del settore, più grandi e più efficienti, finiranno probabilmente per consolidare la propria quota di mercato.

Costruire infrastrutture più verdi

Il successo della transizione a scapito delle industrie energetiche più inquinanti dipenderà dalla disponibilità di valide fonti di energia alternativa. Ciò dovrebbe favorire un aumento degli investimenti nella rete elettrica nazionale, in modo da affrontare la sfida storica di costruire una base industriale più green abbastanza robusta da resistere ai picchi ciclici della domanda.

Con oltre l’80% delle emissioni di carbonio attribuite alla generazione di energia e alla produzione industriale, crediamo che l’elettricità generata dall’energia solare fornisca quella valida soluzione. In molte province cinesi i costi dell’energia solare sono oggi allineati a quelli della generazione di elettricità da carbone, fattore che dovrebbe rappresentare un incentivo economico verso il cambiamento. Oltre a essere il più grande consumatore di attrezzature fotovoltaiche, la Cina controlla circa tre quarti della filiera globale della produzione di energia solare. Di conseguenza, il settore è ben posizionato per sostenere altre economie nel perseguimento dei propri programmi di neutralità carbonica.

La costruzione di infrastrutture verdi si sovrappone ad altre politiche come l’adozione di trasporti più puliti. La Cina è il più grande mercato di veicoli elettrici al mondo e aspira ad avere un quarto delle nuove automobili costituito da modelli ad alta efficienza energetica entro il 2025. Pechino è consapevole anche che alimentare una flotta di veicoli elettrici con energia prodotta dal carbone non farà altro che vanificare i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni. In effetti, con l’infrastruttura esistente, i veicoli elettrici a batteria in Cina emettono più CO2 delle vetture con motori a combustione interna tradizionali (cfr. Grafico).



Con un’infinità di nuovi modelli in arrivo sul mercato nei prossimi anni, l’adozione di veicoli elettrici in Cina e nel mondo sta accelerando. Dato che le case automobilistiche sono interessate da una concorrenza intensa e da un assottigliamento dei margini di profitto, si possono trovare a nostro avviso opportunità interessanti nella catena di produzione dei veicoli elettrici.

Anche l’idrogeno diventerà col tempo parte del mix di produzione di energia verde. L’alimentazione a idrogeno è una potenziale soluzione per i trasporti commerciali, poiché il peso e la densità di energia delle batterie al litio sono attualmente subottimali. Molte aziende cinesi stanno già sperimentando l’idrogeno, e alcune grandi imprese statali stanno installando stazioni di rifornimento di questo combustibile.

Focus sull’impegno globale

Il programma interno della Cina si inserisce nell’ambito di una collaborazione globale. Con la riadesione degli Stati Uniti all’accordo di Parigi, l’interesse condiviso ad affrontare il cambiamento climatico crea un terreno comune per Washington e Pechino. Dopo le perplessità suscitate dalla globalizzazione negli anni passati, un approccio multilaterale al pianeta sarà accolto con favore in tutto il mondo.

Il piano pluridecennale cinese per raggiungere la neutralità carbonica è ancora agli inizi, ma, data la sua vasta portata, gli investitori dovrebbero già iniziare a monitorare come le misure saranno attuate – a livello politico e nei diversi settori – al fine di individuare le imprese che beneficeranno del programma di decarbonizzazione più ambizioso del mondo.

Le opinioni espresse nel presente documento non costituiscono ricerca, consulenza di investimento o raccomandazioni di acquisto o di vendita, e non rappresentano necessariamente le opinioni di tutti i team di gestione di AB; tali opinioni sono soggette a revisione nel corso del tempo.